[Oa-italia] R: Fwd: Indagine sulle competenze del bibliotecario dei dati, scad. 2018-03-13

Pierfranco Minsenti pierfranco.minsenti a unito.it
Gio 22 Mar 2018 12:25:49 CET


Rispetto alla'indagine sulle competenze, trovo difficile concordare sulle
domande di fondo come:

Il tradizionale background del bibliotecario è sufficiente per ricoprire
questi ruoli?
quali nuove competenze e approcci disciplinari specializzati sono necessari?
il bibliotecario dei dati è un nuovo profilo?

Se ci poniamo da un punto di vista molto concreto: ovvero come potrebbe un
professionista "bibliotecario" (qualsiasi cosa oggi voglia dire) oggi in
Italia imparare questa attività e come potrebbe fare la biblioteca a
offrire un servizio di questo genere, l'esame di casi concreti fa emergere
elementi che portano a riconsiderare tutta la questione.

Prendiamo un esempio specifico di Data Curation legato a una categoria
specifica di dati: i research data e quindi parliamo di Research Data
Management.
Per occuparsene il bibliotecario deve essere formato. Il che peraltro
varrebbe per qualsiasi altra categoria professionale dovesse occuparsi
della gestione dei dati.
Il punto è che le basi per svolgere questo tipo di attività non vengono
insegnate nei corsi LIS ma rientrano nei corsi legati alla cosiddetta
Digital Scholarship, di cui le Digital Humanities sono un esempio.
Per es. in Germania l'Università di Lipsia organizza da anni in estate una
Summer School che è un prolungamento del suo Master in Digital Humanities e
delle attività del gruppo di ricerca in Digital Humanities istituito nel
2013 grazie a un sostanzioso finanziamento regionale e del Fonfo sociale
europeo.
Tra i vari workshops offerti a Lipsia da questa Summer school c'è anche
quello sul Data Management: dura 2 settimane. Informazioni qui:
http://www.culingtec.uni-leipzig.de/ESU_C_T/node/926
Deadline per le domande di ammissione: 1° maggio. Costi differenziati ma
per un italiano: 850 euro in tutto (+ costi di alloggio e viaggio).

Come si vede dal contesto di questo corso, offerto dalla European Summer
University in Digital Humanities dell'Università di Lipsia, il contesto non
rimanda alla categoria professionale del bibliotecario ma all'uso delle
tecnologie digitali per la ricerca. Insomma: questo contesto formativo
sembra suggerire che si tratta di un altro mestiere, non di un altro
profilo del "bibliotecario".

Questo non significa che la biblioteca non possa offrire servizi di questo
genere. Se riguardano un altro mestiere, potrebbe anche rientrare nei
servizi offerti dalla biblioteca: nel caso in cui decida di assumere un
ricercatore esperto in queste attività.
Questa per es. è stata la strategia adottata da una biblioteca
universitaria europea: la biblioteca per le scienze umanistiche e sociali
dell'Università cattolica di Lovanio, ovvero l'università fiamminga
Katholieke Universiteit Leuven (da non confondere con l'Université
Cathjolique di Louvain-la-Neuve in Wallonia).
In questo caso i servizi di Digital Scholarship https://bib.kuleuven.be/
english/artes/digital-scholarship e quelli di Research Data Management
https://bib.kuleuven.be/onderzoek/research-data-management offerti dalla
biblioteca sono resi possibili grazie al fatto di aver reclutato un
ricercatore in Digital Humanities, Tom Willaerts, che può quindi offrire
servizi di supporot alla ricerca, tra cui servizi di Research Data
Management, rivolti specificamente ai ricercatori umanisti, con i quali
condivide tutto il percorso formativo e professionale. Per altre comunità
disciplinari il sistema bibliotecario di Lovanio ha assunto altri tre
esperti di data management. Ci sono infatti da considerare anche specifiche
questioni di tipologia dei dati della ricerca che attengono all'ambito
disciplinare di riferimento.
Si tratta quindi di una scelta strategica importante: la biblioteca sceglie
di offrire servizi di Data Management e Digital Scholarship ma non percorre
la via della formazione ex novo di un bibliotecario.

Qui ci sono quindi due indicazioni pratiche: formazione (con i suoi costi e
i suoi tempi) o assunzione di un professionista reclutato in un ambito ben
preciso, quello della ricerca accademica.
Personalmente, trovo difficile vedere le biblioteche universitarie italiane
percorrere una di queste due strade concrete, salvo forse uno o due casi in
cui il sistema bibliotecario investe in formazione all'estero (sarebbe
interessante sapere se l'investimento produce risultati significativi). In
entrambi i casi ci vorrebbe una decisione strategica importante alle spalle
e il finanziamento per poterla sostenere. Diversamente si rischia di
procedere in maniera molto improvvisata. Non è quindi strano che nella
stragrande maggioranza dei casi le amministrazioni universitarie italiane
non pensino alle biblioteche per questi servizi, anche qualora decidessero
di metterli in funzione.

Il team interdisciplinare di cui parla Rossana, è una possibile soluzione
alternativa alla questione cruciale del reclutamento delle competenze, ma
non riguarda più la biblioteca come giustamente ricorda lei.

Saluti alla lista

Pierfranco Minsenti
​



_____________________________

*Pierfranco Minsenti*

Università degli Studi di Torino, Direzione Ricerca

MeDiHum: Centro di Ricerca Interdipartimentale per la
digitalizzazione e la realizzazione di Biblioteche
Digitali Umanistiche
http://www.medihum.unito.it/


Il giorno 21 marzo 2018 16:51, Rossana Morriello <
rossana.morriello a polito.it> ha scritto:

> Concordo con la visione dell'opportunità di avere "profili diversi da
> combinare in team multidisciplinari". La gestione dei dati della ricerca
> non può essere incardinata nei sistemi bibliotecari poiché non si tratta
> solo di gestire il catalogo della ricerca e validare i dati bibliografici,
> ma, pur partendo da questo, di maneggiare dati sensibili, legati a tutte le
> procedure di valutazione, dunque alle carriere dei docenti, a temi come
> l'integrità, la comunicazione della ricerca e il suo impatto, e in generale
> alla visione strategica dell'ateneo. E' ovvio che siano altre le aree a
> dover gestire questi aspetti.
>
> Il punto è, però, che in ambito bibliotecario la questione viene vista da
> una prospettiva sbagliata, dalla quale non si riesce quasi mai a uscire, e
> cioè quella di voler portare sempre le attività dentro le 'sicure e
> protette' mura della biblioteca, di voler ricondurre il mondo esterno entro
> i confini della biblioteca mentre ciò che dovrebbero (dovremmo) fare è
> portare le competenze da bibliotecari fuori dalle biblioteche (e certo non
> solo in questo ambito).
>
> Un saluto a tutti
> Rossana
>
> -----------------
> Rossana Morriello
> QVAL - Servizio Qualità e Valutazione
> Politecnico di Torino
> Corso Duca degli Abruzzi, 24 - 10129 Torino
> Tel. +39 011 0906009
> Email rossana.morriello a polito.it
> ----------------
>
> Grazie a tutti per l’interessante discussione.
>
> Capisco e supporto la posizione di Alessandro, i dati sono una “bestia” di
> natura diversa rispetto al materiale che di solito viene gestito nelle
> biblioteche (anche se digitali) … la loro “completa gestione” prevede
> competenze diverse che variano nell’intero spettro che va da competenze
> data-specific a competenze data-agnostic. Non esiste e molto probabilmente
> non esisterà mai IL metadato (o la tecnologia o IL repository) capace di
> soddisfare qualsiasi esigenza di "data management” al variare della
> comunità e del tipo di dato. L’aspettativa di avere datasets gestiti
> secondo le pratiche di una “community of practice” che diventano facilmente
> fruibili per un’altra “community of practice” pone notevoli sfide.
>
> La chiave è la multidisciplinarietà e aspettarsi di averla in un unico
> profilo è una visione quantomeno ottimistica. Questo profilo dovrebbe avere
> conoscenze che spaziano su vari argomenti e sarà quindi difficile andare in
> profondità su tutti. Senza considerare la specificità dei datasets … la
> gestione di dati geo-referenziali è “diversa” dalla gestione di questionari
> o time-series.
>
> Insomma, servono profili diversi da combinare in team multidisciplinari in
> cui ognuno può affrontare il problema guardandolo da “angoli” diversi al
> fine di trovare una soluzione comune.
>
> Leo
>
> > On 20 Mar 2018, at 23:39, Alessandro Sarretta <
> alessandro.sarretta a gmail.com> wrote:
> >
> > Grazie per i vari contributi,
> >
> > On 12/03/2018 09:51, Maria Cassella wrote:
> >> Si tratta di una discussione interessante.
> >> Se parliamo di esperti della materia che si dedicano a tempo perso alla
> data curation direi che è la solita soluzione tampone... formati possono
> farlo, si. Ma quando? docenti e ricercatori non hanno tempo per farlo. Il
> data curator è una professione del digitale. Dovrebbe essere riconosciuta
> negli organici come profilo specializzato all'interno dei profili legati
> alla digital library. Questo per le biblioteche. Il data curator è
> trasversale però all'area MAB. Quindi proviene anche dall'area archivistica
> e da quella museale.
> > Io parto da un'esperienza all'interno di un istituto del CNR, nel quale
> i dati della ricerca li gestiscono direttamente i ricercatori e non esiste
> un servizio di biblioteca per quanto riguarda i dati.
> > Nei vari domini di ricerca ci sono infrastrutture, portali, database di
> gestione e accesso ai dati spesso molto specialistici e specializzati, con
> standard e servizi interoperabili che hanno esigenze e regole molto
> specifiche. Per quanto i dati geografici, cito solamente la Direttiva
> INSPIRE, con quintali di requirement relativi a metadati, modelli dati,
> servizi. L'archiviazione in repository come quelli raccolti in
> https://www.re3data.org/ mi pare sia ancora solamente la parte finale (a
> cui spesso nemmeno si arriva) di un processo di gestione dei dati che è al
> di fuori del mondo bibliotecario (questo nella mia esperienza).
> >
> > La mia domanda è quanto la data curation in questo ambito è vista più
> come la gestione della pubblicazione scientifica (nel senso standard di
> archiviazione) o invece si ragiona in termini più complessivi di gestione
> (dalla pianificazione dalla raccolta dai dati, alla analisi, metadatazione,
> pubblicazione interoperabile su web, ecc.).
> >
> > Mi incuriosisce comprendere quanto il profilo di data curator si possa
> avvicinare a quello di molti colleghi (me compreso) che investono parte del
> proprio tempo in vari di questi passaggi collegati ai dati della ricerca.
> >
> > Forse sono due profili complementari che si dovrebbe cercare di
> connettere maggiormente?
> >
> > Ale
> > --
> > --
> > Alessandro Sarretta
> >
> > skype/twitter: alesarrett
> > Web: ilsarrett.wordpress.com
> >
> > Research information:
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