[Oa-italia] Elsevier e la transizione all'Open Access

Stefano Salvia s.salvia7 a gmail.com
Mar 3 Ott 2017 15:00:40 CEST


Aggiungo una considerazione da ricercatore "non strutturato" (che al
momento può contare solo su un contratto di collaborazione a tempo
determinato su progetto presso un museo, oltre alle supplenze brevi in
terza fascia) peraltro "umanista". Il rischio in questi casi è sempre
quello del piagnisteo personale, ma voglio superarlo provando a farmi
carico della condizione della stragrande maggioranza dei giovani (e un po'
meno giovani) ricercatori precari che affollano i nostri Atenei almeno dal
2010 in poi.

Un mondo delle pubblicazioni scientifiche caratterizzato da un oligopolio
commerciale che ha adottato come standard di pubblicazione la via Gold OA,
con APC il cui importo è deciso esclusivamente dal mercato (cioè
dall'oligopolio) indipendentemente da qualsiasi "buona intenzione" di chi
ha promosso la transizione integrale a questo modello e con buona pace di
qualsiasi appello alla concorrenza, sarebbe semplicemente da incubo.
Significherebbe infatti l'impossibilità economica per la stragrande
maggioranza di noi ricercatori precari (men che meno per noi "improduttivi"
e perennemente tagliati/affamati "umanisti") di poter pubblicare le nostre
ricerche su riviste che - stanti gli attuali criteri di valutazione con
tanto di liste di riviste "di fascia A" - sono considerate prestigiose a
livello internazionale, e che a tutt'oggi sono le riviste (ibride) dei
grandi editori commerciali (Springer, Elzevier, Brill, Birkhaeuser, ecc.).

Meglio un oligopolio in cui tutti possono leggere ma solo pochi possono
pubblicare, o un oligopolio in cui tutti possono pubblicare ma solo pochi
possono leggere (se proprio dobbiamo scegliere tra due mali, essendo in
entrambi i casi in regime di oligopolio commerciale, che è il vero problema
alla radice)?

Bella domanda. Ho il sospetto che tra i miei colleghi a prevalere
nettamente come "male minore" sarebbe la seconda opzione, perché la
possibilità per tutti loro di poter pubblicare gratuitamente su riviste "di
fascia A" grazie (si fa per dire) al sistema tradizionale degli abbonamenti
è di gran lunga uno scenario preferibile all'impossibilità per gran parte
di loro di poter pubblicare su quelle stesse riviste pagando APC
dell'ordine di grandezza dei 2000 euro (richieste oggi dalle riviste ibride
per poter pubblicare in modalità OA). Magra consolazione per loro poter
essere letti da chiunque, visto che sarebbero di fatto impossibilitati a
pubblicare! Il combinato disposto perverso con gli attuali criteri di
valutazione ANVUR (ma non solo) farebbe il resto, tagliando definitivamente
fuori dal mondo della ricerca migliaia di giovani ricercatori "non
strutturati", che da noi in particolare non possono contare se non
raramente su forme di sostegno istituzionale alla pubblicazione (a meno di
non essere pagati su fondi europei)!

Questo per dire che nel momento in cui il Gold OA (in regime di oligopolio
commerciale) diventasse lo standard di pubblicazione a livello
internazionale (e non un lusso riservato agli "strutturati" sulle riviste
ibride attuali), sarebbe come minimo necessario pretendere che fosse un
Fair Gold OA, in cui le APC sono coperte da fondi istituzionali di ricerca.

Questo però porrebbe immediatamente un problema: solo chi afferisce ad
un'istituzione o a un gruppo di ricerca comunque incardinato in una cornice
istituzionale può accedere alla soluzione Fair Gold. E chi è indipendente,
quando non del tutto solitario (come spesso e volentieri accade nelle
scienze umane)? Peggio per lui, impari finalmente a lavorare in team
nell'ambito di progetti più grandi, come fanno ormai tutti, basta con i
ricercatori solitari nella torre d'avorio? Sarei anche d'accordo su questo
punto diciamo "di attitudine antropologico-culturale alla ricerca", ma
questo non elimina il fatto che anche un ricercatore indipendente, che non
afferisce a nulla ma ha qualcosa da dire alla sua comunità di riferimento,
deve poter sottoporre liberamente un suo lavoro ad una rivista e se
giudicato positivamente vederlo pubblicato, indipendentemente dalla sua
condizione accademica e soprattutto dalla sua condizione economica!

La brutale ma doverosa domanda a questo punto è: visto che l'oligopolio
commerciale dei grandi editori esiste, che ci piaccia o no, a meno di non
pensare a come davvero scardinarlo alla base (anche l'in-house publishing a
volte evocato come alternativa oltre un certo livello di dimensioni e
complessità deve evolvere in impresa commerciale - in un'economia fino a
prova contraria capitalista di mercato - per poter sopravvivere, Cambridge
University Press non si comporterebbe diversamente da Springer se
diventasse a sua volta un oligopolista editoriale!), non è che
paradossalmente alla fine della fiera il sistema tradizionale delle
sottoscrizioni risulta quello più democratico sul piano dell'accesso
generalizzato da parte degli autori al processo di pubblicazione? Non è che
tutto sommato il sacrificio chiesto sul lato dell'accesso da parte dei
lettori alle pubblicazioni è il male minore, posto che accesso totalmente
gratuito al processo di pubblicazione e contemporaneamente alla fruizione
degli articoli sembrano confliggere irrimediabilmente tra loro in
un'economia di scala capitalista dell'editoria commerciale?

Dopo questa domanda volutamente e provocatoriamente "reazionaria" (è stato
detto in più occasioni che il movimento OA non sarebbe mai potuto nascere
dagli "umanisti", che solo gli "scienziati" potevano esserne i
capofila:))), provo a darmi una risposta da solo: forse a conti fatti la
via migliore, più pragmatica ma anche più promettente ed equa da seguire è
quella Green OA (persino Elsevier se lo domanda!), con opportuni interventi
normativi a livello internazionale sul diritto d'autore, il periodo di
embargo, l'inalienabile possibilità per gli autori una volta trascorso
l'embargo di ripubblicare i propri lavori dove vogliono (anche su
piattaforme proprietarie come Academia, purché siano consapevoli che stanno
cedendo gratuitamente metadati e contenuti ai proprietari di quelle
piattaforme), lo sviluppo infrastrutturale di archivi istituzionali ad
accesso aperto e completamente gratuito.

O meglio ancora: una combinazione di Fair Gold e Green OA, in cui
fondamentalmente i tre sistemi di pubblicazione coesistono in una
situazione di equilibrio compensando reciproci vantaggi e svantaggi
(subscription-based, Gold OA e Green OA), dando sui grandi numeri la
possibilità a tutti di pubblicare, a molti di leggere e a chi può/vuole di
pagare, sia per leggere che per pubblicare. Ho imparato infatti a diffidare
delle mono-soluzioni "totalitarie", la diversificazione pluralista delle
vie percorribili è sempre preferibile (incluse le pubblicazioni in-house e
le riviste OA completamente gratuite sia per gli autori che per i lettori
perché sostenute a livello istituzionale, purché di qualità).

Alla fine il vero male da combattere, dal mio punto di vista di ricercatore
precario, sono le riviste OA predatorie che spuntano ogni giorno come
funghi e purtroppo accalappiano molti colleghi ingenui e desiderosi di
pubblicare e che non hanno ancora capito che sei tu potenziale autore a
dover cercare le riviste e gli editori, non il contrario!

Stefano



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Il giorno 3 ottobre 2017 07:34, Roberto Caso <roberto.caso a unitn.it> ha
scritto:

> Il punto cruciale (che OA2020 non affronta) e' il
>> passaggio ad un modello commerciale di vera competizione: la rivista X
>> ha un rapporto qualità'/prezzo inferiore a quello della rivista Y ?
>> Pubblico sulla Y e non sulla X.
>>
>> E' meglio un sistema oligopolistico ad accesso aperto di un sistema
> oligopolistico ad accesso chiuso. Siamo d'accordo.
> Ma la competizione a cui alludi è impossibile. Il ricercatore non decide
> sul rapporto qualità/prezzo, decide solo in base alla qualità - ed è un
> bene che sia così -, e la qualità la decidono gli editori e i ricercatori
> che sono nei comitati scientifici, nelle liste dei revisori ecc. Solo se i
> ricercatori e le loro istituzioni decidessero di cambiare i metodi giudizio
> sulla qualità e cancellare gli indicatori, allora il potere oligopolistico
> (e quello oligarchico) verrebbero azzerati.
> Mi sembra ovvio.
> La trasparenza sui prezzi è una buona ed encomiabile pratica, ma non ha
> niente a che fare con la possibilità di instaurare, in questo campo, la
> concorrenza.
> A presto,
> roberto
>
>
>
>
>
>
>
>> 2017-09-27 13:31 GMT+02:00 Roberto Caso <roberto.caso a unitn.it>:
>> > Fin dal primo convegno AISA ho sollevato perplessità e critiche a
>> margine
>> > del modello proposto da Ralf Schimmer & C. per la riconversione del
>> sistema
>> > attuale in uno "total gold" con APCs.
>> > Non si può prevedere ex ante il prezzo del mercato. Il prezzo per
>> > definizione lo fa il mercato stesso (e poco importa se si impone la
>> > trasparenza dei costi). E se, come dice Maria Chiara Pievatolo, gli
>> editori
>> > commerciali hanno un oligopolio sul bollino di scientificità o se lo
>> > gestiscono per investitura della valutazione di Stato, non si risolve
>> né il
>> > problema dell'aumento dei prezzi né quello della concentrazione di
>> potere
>> > decisionale né quello della delega di un giudizio umano a un algoritmo
>> > conta-citazioni.
>> > Insomma, il modello "total gold commerciale" recava, fin dai suoi primi
>> > vaggiti, le stimmate di una proposta poco sensata.
>> >
>> > A presto,
>> > rc
>> >
>> >
>> > Il giorno 27 settembre 2017 11:24, Elena Giglia <elena.giglia a unito.it>
>> ha
>> > scritto:
>> >>
>> >> Buongiorno,
>> >> segnalo questo contributo di Gemma Hersch uscito ieri sulla
>> transizione a
>> >> un Open Access  solo Gold.
>> >> A parte una serie di contraddizioni, l'unica cosa chiara e' che le APC
>> -
>> >> come volevasi dimostrare - cresceranno, come sono sempre cresciuti gli
>> >> abbonamenti.
>> >>
>> >> https://www.elsevier.com/connect/working-towards-a-transitio
>> n-to-open-access
>> >>
>> >> Come si va dicendo da un po', non e' questa la soluzione: cosi' si
>> >> perpetuano solo i monopoli nella scienza...che non hanno nulla a che
>> fare
>> >> con la scienza: guardate questa amarissima vignetta di Tom Toro:
>> >>
>> >>
>> >> https://media.npr.org/assets/img/2015/01/25/tomtoro03_custom
>> -0bae9e8ec6b77a63cf1db545be4fb32bee478811-s1200.jpg
>> >>
>> >> "Yes, the planet got destroyed. But for a beautiful moment we created a
>> >> lot of value for our shareholders"
>> >>
>> >> Buona giornata
>> >> eg
>> >>
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>> >> dr. Elena Giglia
>> >> Unità di progetto Open Access
>> >> Direzione Ricerca e Terza Missione
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>> > Professore Associato di Diritto Privato Comparato
>> >
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