[Oa-italia] Perchè academia.edu e research.gate NON sono un OA repository e non rispondono alle policy OA

Antonella De Robbio antonella.derobbio a unipd.it
Gio 19 Maggio 2016 12:25:03 CEST


> Cara Antonella,
> d’accordissimo con te.
> Ma non capisco cosa intendi alla fine per riallineamento rischioso ma
> inevitabile.
>

intendo che tutti questi movimenti (dentro e attorno all'OA) sicuramente
comporterà una riflessione e rivalutazione della filiera e che ci dovrà
essere una presa di coscienza fino ad oggi procastinata dalla classe
docente. In altri termini il rischio di conseguenze derivanti dall'ingresso
di queste piattaforme commerciali entro gli ingranaggi dell'OA genereranno
sicuramente una seria riflessione e una revisione dei processi (se non si
vuole finire schiacciati)

>
> Il problema mi sembra anche più complesso.
>

certo, dovremmo scrivere un trattato per chiarire tutte le implicazioni ;-)


> Chi ha promosso l’OA no-profit (quelli che lo hanno capito) non era
> d’accordo sulle policy e ha sottovalutato la capacità di reazione del
> mercato.
>

si certo, ma anche qui alcuni erano pro-policy altri no, poi c'erano le
varie sfumature di policy

Lentezza dei processi decisionali, incapacità di cogliere, prevedere e
> costruire gli sviluppi tecnologici, litigi tra le varie anime del
> movimento, assenza di una politica OA nella proprietà intellettuale,
> mancanza di investimenti economici ed organizzativi, e soprattutto
> politiche valutative frontalmente contrarie all’apertura hanno aperto la
> strada ai nuovi barbari.
>

;-) mi ricorda qualcos'altro di molto simile ;-))

>
> Quanto al problema dei due layers (livelli) di conoscenza, si potrebbe
> riflettere anche intorno ai due livelli etici. Perché gli scienziati
> appaiano disinteressati al vero OA, mentre bibliotecari e scienziati
> dell’informazione più attenti? A questo quesito ho provato a dare una
> risposta in altre sedi:
> https://iris.unitn.it/handle/11572/142760
>

ottima riflessione ...
Le stesse osservazioni sono emerse da due surveys somministrati
rispettivamente in Francia e in Germania per valutare quanto la formazione
su argomenti OA, gestione dei diritti, ecc... avesse raggiunto target e
profondità adeguate. E sono emersi appunto due livelli uno di base e uno
avanzato dovuti in particolare al tipo di approccio improntato nel fare
promotion e nel coinvolgere i target di utenti nelle varie discipline.

>
> Se si volesse davvero contrastare l’avanzata dei nuovi barbari, ci
> sarebbero le risorse economiche e intellettuali per farlo.
> Manca la volontà politica (negli stati) e l’etica presso gli scienziati.
>

è proprio così
e non lo stiamo notando solo nell'OA ma in tante piccole grandi questioni
che permeano la gestione amministrativa - quotidiana e a lungo termine -
dei nostri atenei


> Ma noi non ci scoraggiamo e continuiamo a sperare, ad esempio insegnando
> alle nuove generazioni di scienziati (e non solo).
>

l'insegnamento, una via Maestra

antonella


>
> A presto,
> roberto
>
>
> _____________________________
> Roberto Caso
> Professore Associato di Diritto Privato Comparato
> Università di Trento - Facoltà di Giurisprudenza
> http://www5.unitn.it/People/it/Web/Persona/PER0000633
> http://www.lawtech.jus.unitn.it/index.php/people/roberto-caso
> _____________________________
> Presidente
> dell’Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA)
> Via Della Saluga, 40
> 38121 - Trento - Italia
> http://aisascienzaperta.org/
>
>
>
>
>
>
>
> Il giorno 19/mag/2016, alle ore 11:05, Antonella De Robbio <
> antonella.derobbio a unipd.it> ha scritto:
>
>
> E' da tempo che vado sostenendo (sia nei miei interventi pubblici, sia
> nelle lezioni che tengo) che piattaforme del tipo Academia.edu e
> Researchagate non sono Open Access, che le differenze ci sono e sono
> notevoli. Ma vedo che autori (numerosi docenti) che si dichiarano pro-OA
> depositano sistematicamente in questi network e disertano magari i loro
> archivi istituzionali.
> Le ragioni ci sono e sono evidenti. In primis il carattere internazionale
> di tali piattaforme, la maggiore visibilità, la facilità d'uso nella
> condivisione, il potenziale impatto dovuto agli indicatori tipo
> Altmetrics... tutte funzionalità che mancano ai nostri archivi
> istituzionali, percepiti come luoghi "provinciali" e funzionali solo a
> questioni amministrative...
> Ma relativamente ai problemi correlati al copyright, di cui dice
> Marchitelli, non è che in queste piattaforme non ci siano, ci sono anche in
> questi ambienti, se vi ricordate un paio di anni fa ci fu una guerra tra
> potenti proprio centrata sul copyright (ne ho parlato nel mio intervento a
> Messina nel novembre 2014). Ci fu un dibattito vivacissimo nelle comunità
> OA, scaturito proprio dal fatto che Elsevier aveva diffidato istituzioni
> accademiche e gestori di reti sociali e chiesto la rimozione delle versioni
> PDF finali editoriali non autorizzate di articoli scientifici, caricati nei
> siti web di università e nei repository di comunità sociali come
> Academia.edu.  L'azione suscitò un vero e proprio vespaio: da Twitter
> partì una campagna di denuncia che fece il giro del globo. Va ricordato che
> poco tempo prima Elsevier aveva comperato Mendeley, il social network
> concorrente a Academia.edu, di cui uno dei primi investitori fu il
> giornalista e politico oltre che ex Governatore della Banca d'Inghilterra
> Rupert Pennant-Rea, presidente del gruppo The Economist. Poco dopo The
> Economist ha pubblicato un articolo dall'eloquente titolo "Vietato
> sbirciare", dove si denuncia il comportamento rigido e autoritario di
> Elsevier.
> In altri termini si tratta di guerre tra potenti.
> Per dire che i big stanno - ormai da tempo - percorrendo le vie dell'Open
> Access da una parte imboccando la via rossa (falso gold!) dall'altra usando
> piattaforme commerciali avversarie apparentemente con contenuti open (ma
> non OA) per rafforzare il loro establishment.
> Il problema sta - IMHO - nel non aver compreso il vero significato
> dell'Open Access. Tutti ormai sanno (o credono di sapere) cosa significhi
> OA ma la verità è che non c'è stato in questi 20 anni un salto di qualità
> nell'evoluzione delle conoscenze dei processi e delle possibili strategie.
> In altri termini si è banalizzato il concetto di OA. Quindi gran parte
> della popolazione docente (autori) pur essendo pro- OA (e questo è un bene)
> ha però cognizioni superficiali. Una minoranza (pochi autori, ma molti
> bibliotecari e professionisti dell'informazione) ha idee chiare, ma spesso
> è visto come "talebano dell'OA" .
> Insomma ci sono due layers di competenze e il business agisce fortemente
> nello strato superficiale, la massa.
> Penso che ci vorrà tempo affinché il gap sia colmato. Penso anche che
> comunque queste manovre in cui i big entrano nell'OA proponendo modelli di
> OAsurrogato se da una parte presentano dei rischi dall'altra comporteranno
> un riallineamento dei processi entro la catena della comunicazione
> scientifica, è inevitabile.
> Grazie a tutti
> Antonella De Robbio
>
>
>
> Il giorno 27 gennaio 2016 12:33, Andrea Marchitelli <
> a.marchitelli a cineca.it> ha scritto:
>
>> Ciao,
>> l'open access prevede che cio' che viene finanziato con fondi pubblici al
>> pubblico ritorni.
>>
>> Academia.edu e researchgate prendono cioe' che e' finanziato con fondi
>> pubblici per fare un business privato:
>> "We've raised $17.7 million from a range of investors"
>> https://www.academia.edu/about
>>
>> Non credo che questo aspetto possa essere taciuto quando si dice che
>> questi progetti danno "seriamente e concretamente accesso alla letteratura
>> scientifica".
>> Tanto per fare un esempio su un tema che ci accalora, pensiamo che
>> academia.edu permetta il datamining?
>>
>> Insomma, complimenti per l'idea di business (che sicuramente funziona,
>> quella si) ma non certo per il servizio fornito alla comunita' dei
>> ricercatori che usa quelle fonti, a mio avviso, perche' li' carica e
>> scarica, senza troppa attenzione ai diritti, quello che vuole.
>>
>> Quindi mi pare che si usino due pesi e due misure; da una parte l'OA deve
>> essere giustamente rispettoso di regole e diritti di tutti e fare il "duro
>> e puro" (penso al dibattito su Berlin12) ma poi noi stessi diciamo che i
>> ricercatori fanno bene a usar quello strumento che funziona bene (anche se
>> ancora non mi e' affatto chiaro in che cosa funzioni "bene" se non
>> nell'aver dentro piu' "roba").
>>
>> andrea
>>
>> --
>>  Andrea Marchitelli
>>  Area servizi Musei Archivi Biblioteche
>>  Cineca - Sede operativa di Roma
>>  Via dei Tizii, 6/b - 00185 Roma, Italy
>>  tel. +39 0644486525 - cell. +39 340 4027156 - http://www.cineca.it
>>
>> ----- Messaggio originale -----
>> Da: "Elena Giglia" <elena.giglia a unito.it>
>> A: "Lista di discussione su temi relativi all'accesso aperto" <
>> oa-italia a openarchives.it>
>> Inviato: Mercoledì, 27 gennaio 2016 12:19:29
>> Oggetto: Re: [Oa-italia]        Perchè academia.edu e research.gate NON
>> sono un OA repository e non rispondono alle policy OA
>>
>>
>>
>>
>>
>> Appunto, Andrea.
>> E' vero: hanno successo perche' sono riusciti a costruire servizi -
>> apprezzati dai ricercatori.
>>
>> I nostri repositories invece stanno fuori dal workflow e dalle pratiche
>> quotidiane.
>>
>> Ne ho parlato con Herbert Van de Sompel all'ultimo OAI a Ginevra a
>> giugno, e' d'accordo, ma chissa' se mai si trovera' una soluzione. Anzi la
>> sua battuta e' stata: non ve ne ho gia' trovate abbastanza?
>>
>> Quindi forse tocca a voi "geek".
>>
>> elena
>>
>>
>>
>>
>>
>>
>>
>> Il giorno 27 gennaio 2016 12:10, Andrea Zanni < zanni.andrea84 a gmail.com
>> > ha scritto:
>>
>>
>>
>>
>>
>>
>> Nonostante sia molto d'accordo,
>> mi pare abbastanza indubbio che quei progetti siano riusciti a dove il
>> "vero" OA ha fallito (IMHO), cioè nel dare seriamente e concretamente
>> "accesso" alla letteratura scientifica.
>> Se gli autori sono contenti così e riescono ad accedere a quello che
>> cercano, credo sia meglio che il contrario.
>>
>> Andrea
>>
>>
>>
>>
>>
>>
>>
>>
>> 2016-01-27 11:53 GMT+01:00 Alessandro Sarretta <
>> alessandro.sarretta a gmail.com > :
>>
>>
>>
>> Oh ottimo Paola, grazie!
>> Non ho ancora letto nel dettaglio ma so già che condividerò :-)
>> Una delle cose di cui sono convinto è che questi repository, pur
>> costituendo ottime arene di potenziale confronto e scambio, in realtà
>> corrono il rischio di diventare delle aree di "mercato nero" delle
>> pubblicazioni solamente perché è più facile far finta di fregarsene dei
>> vincoli che si firmano (e i diritti che si cedono più o meno
>> consapevolmente) all'atto di pubblicare un paper in molti Journal non OA.
>> In questo senso, invece di agevolare, rischiano di ostacolare un accesso
>> veramente aperto alla conoscenza scientifica, perché "nascondono" un
>> problema che invece rimane per tutto il resto del mondo al di fuori di tali
>> research social networks.
>>
>> Ale
>>
>>
>>
>>
>>
>> On 27/01/2016 11:45, Paola Gargiulo wrote:
>>
>>
>>
>>
>> Da leggere, soprattutto da far circolare tra i ricercatori!
>>
>> Paola
>>
>>
>> L'Office of Scholarly Communication dell'Università della California per
>> fare chiarezza ai propri ricercatori che ritenevano erroneamente che
>> depositando gli articoli nelle due piattaforme avevano assolto agli
>> obblighi delle politiche OA dell'Università della California ha redatto un
>> post nel dicembre scorso sull'argomento.
>> Nel post redatto da Katie Fortney e Justin Gonder della California
>> Digital Library si descrivono brevemente i repository OA, le due
>> piattaforme, si evidenziano le differenze (anche un breve grafico), le
>> finalità diverse, i punti di forza e di debolezza di ciascuna soluzione, le
>> ragioni per le quali soluzioni come Academia.edu e Research.gate, pur
>> presentando servizi utili non vadano confusi con l'archivio istituzionale o
>> disciplinare gestito da istituzioni o organizzazioni non a scopo di lucro e
>> soprattutto non soddisfano i requisiti OA dell'Università della California.
>>
>>
>> http://osc.universityofcalifornia.edu/2015/12/a-social-networking-site-is-not-an-open-access-repository/
>>
>> Segue un commento di Katie Fortney della California Digital Library in
>> cui risponde al thread
>> http://listserv.crl.edu/wa.exe?A1=ind1601&L=LIBLICENSE-L&F=&S=&O=T&H=1&D=0&T=1#6
>> che si è aperto su lib-license da qualche giorno
>>
>> -------- Messaggio Inoltrato --------
>> Oggetto:        Re: A social networking site is not an open access
>> repository
>> Data:   Tue, 26 Jan 2016 20:48:31 -0500
>> Mittente:       LIBLICENSE <liblicense a GMAIL.COM>
>> Rispondi-a:     LibLicense-L Discussion Forum <
>> LIBLICENSE-L a LISTSERV.CRL.EDU>
>> A:      LIBLICENSE-L a LISTSERV.CRL.EDU
>>
>> From: Katie Fortney <Katie.Fortney a ucop.edu> Date: Tue, 26 Jan 2016
>> 21:37:36 +0000
>>
>> Hi Rick,
>>
>> That blog post links to and excerpts a post that Justin Gonder and I
>> wrote in December. We wrote it because yes, some of our authors do
>> believe that social networking sites count as open access
>> repositories. When they hear that they can participate in UC’s OA
>> policies either by depositing in eScholarship (our repository) or by
>> just giving us a link to where their article is available in another
>> open access repository like arXiv or PMC, they ask, “It’s in
>> Academia.edu. That counts, right?”
>>
>> No, they don’t have to choose between the two. But our post was an
>> attempt to explain a) why Academia.edu doesn’t count for compliance
>> with UC’s Open Access policies and b) the relative strengths,
>> functions, and drawbacks of each option in general. Because “What do
>> you think of ResearchGate?” is another one we get a lot.
>>
>> Our post is here:
>> http://osc.universityofcalifornia.edu/2015/12/a-social-networking-site-is-not-an-open-access-repository/
>> Cheers,
>>
>> Katie
>>
>> Katie Fortney, J.D., M.L.I.S.
>> Copyright Policy & Education Officer
>> California Digital Library
>> 415 20th Street, 4th Floor
>> Oakland, CA 94612
>>
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""Chi ha trascurato la propria educazione non sa fare uso della propria
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