[Oa-italia] Perchè academia.edu e research.gate NON sono un OA repository e non rispondono alle policy OA

Antonella De Robbio antonella.derobbio a unipd.it
Gio 19 Maggio 2016 11:05:02 CEST


E' da tempo che vado sostenendo (sia nei miei interventi pubblici, sia
nelle lezioni che tengo) che piattaforme del tipo Academia.edu e
Researchagate non sono Open Access, che le differenze ci sono e sono
notevoli. Ma vedo che autori (numerosi docenti) che si dichiarano pro-OA
depositano sistematicamente in questi network e disertano magari i loro
archivi istituzionali.
Le ragioni ci sono e sono evidenti. In primis il carattere internazionale
di tali piattaforme, la maggiore visibilità, la facilità d'uso nella
condivisione, il potenziale impatto dovuto agli indicatori tipo
Altmetrics... tutte funzionalità che mancano ai nostri archivi
istituzionali, percepiti come luoghi "provinciali" e funzionali solo a
questioni amministrative...
Ma relativamente ai problemi correlati al copyright, di cui dice
Marchitelli, non è che in queste piattaforme non ci siano, ci sono anche in
questi ambienti, se vi ricordate un paio di anni fa ci fu una guerra tra
potenti proprio centrata sul copyright (ne ho parlato nel mio intervento a
Messina nel novembre 2014). Ci fu un dibattito vivacissimo nelle comunità
OA, scaturito proprio dal fatto che Elsevier aveva diffidato istituzioni
accademiche e gestori di reti sociali e chiesto la rimozione delle versioni
PDF finali editoriali non autorizzate di articoli scientifici, caricati nei
siti web di università e nei repository di comunità sociali come
Academia.edu.  L'azione suscitò un vero e proprio vespaio: da Twitter partì
una campagna di denuncia che fece il giro del globo. Va ricordato che poco
tempo prima Elsevier aveva comperato Mendeley, il social network
concorrente a Academia.edu, di cui uno dei primi investitori fu il
giornalista e politico oltre che ex Governatore della Banca d'Inghilterra
Rupert Pennant-Rea, presidente del gruppo The Economist. Poco dopo The
Economist ha pubblicato un articolo dall'eloquente titolo "Vietato
sbirciare", dove si denuncia il comportamento rigido e autoritario di
Elsevier.
In altri termini si tratta di guerre tra potenti.
Per dire che i big stanno - ormai da tempo - percorrendo le vie dell'Open
Access da una parte imboccando la via rossa (falso gold!) dall'altra usando
piattaforme commerciali avversarie apparentemente con contenuti open (ma
non OA) per rafforzare il loro establishment.
Il problema sta - IMHO - nel non aver compreso il vero significato
dell'Open Access. Tutti ormai sanno (o credono di sapere) cosa significhi
OA ma la verità è che non c'è stato in questi 20 anni un salto di qualità
nell'evoluzione delle conoscenze dei processi e delle possibili strategie.
In altri termini si è banalizzato il concetto di OA. Quindi gran parte
della popolazione docente (autori) pur essendo pro- OA (e questo è un bene)
ha però cognizioni superficiali. Una minoranza (pochi autori, ma molti
bibliotecari e professionisti dell'informazione) ha idee chiare, ma spesso
è visto come "talebano dell'OA" .
Insomma ci sono due layers di competenze e il business agisce fortemente
nello strato superficiale, la massa.
Penso che ci vorrà tempo affinché il gap sia colmato. Penso anche che
comunque queste manovre in cui i big entrano nell'OA proponendo modelli di
OAsurrogato se da una parte presentano dei rischi dall'altra comporteranno
un riallineamento dei processi entro la catena della comunicazione
scientifica, è inevitabile.
Grazie a tutti
Antonella De Robbio



Il giorno 27 gennaio 2016 12:33, Andrea Marchitelli <a.marchitelli a cineca.it
> ha scritto:

> Ciao,
> l'open access prevede che cio' che viene finanziato con fondi pubblici al
> pubblico ritorni.
>
> Academia.edu e researchgate prendono cioe' che e' finanziato con fondi
> pubblici per fare un business privato:
> "We've raised $17.7 million from a range of investors"
> https://www.academia.edu/about
>
> Non credo che questo aspetto possa essere taciuto quando si dice che
> questi progetti danno "seriamente e concretamente accesso alla letteratura
> scientifica".
> Tanto per fare un esempio su un tema che ci accalora, pensiamo che
> academia.edu permetta il datamining?
>
> Insomma, complimenti per l'idea di business (che sicuramente funziona,
> quella si) ma non certo per il servizio fornito alla comunita' dei
> ricercatori che usa quelle fonti, a mio avviso, perche' li' carica e
> scarica, senza troppa attenzione ai diritti, quello che vuole.
>
> Quindi mi pare che si usino due pesi e due misure; da una parte l'OA deve
> essere giustamente rispettoso di regole e diritti di tutti e fare il "duro
> e puro" (penso al dibattito su Berlin12) ma poi noi stessi diciamo che i
> ricercatori fanno bene a usar quello strumento che funziona bene (anche se
> ancora non mi e' affatto chiaro in che cosa funzioni "bene" se non
> nell'aver dentro piu' "roba").
>
> andrea
>
> --
>  Andrea Marchitelli
>  Area servizi Musei Archivi Biblioteche
>  Cineca - Sede operativa di Roma
>  Via dei Tizii, 6/b - 00185 Roma, Italy
>  tel. +39 0644486525 - cell. +39 340 4027156 - http://www.cineca.it
>
> ----- Messaggio originale -----
> Da: "Elena Giglia" <elena.giglia a unito.it>
> A: "Lista di discussione su temi relativi all'accesso aperto" <
> oa-italia a openarchives.it>
> Inviato: Mercoledì, 27 gennaio 2016 12:19:29
> Oggetto: Re: [Oa-italia]        Perchè academia.edu e research.gate NON
> sono un OA repository e non rispondono alle policy OA
>
>
>
>
>
> Appunto, Andrea.
> E' vero: hanno successo perche' sono riusciti a costruire servizi -
> apprezzati dai ricercatori.
>
> I nostri repositories invece stanno fuori dal workflow e dalle pratiche
> quotidiane.
>
> Ne ho parlato con Herbert Van de Sompel all'ultimo OAI a Ginevra a giugno,
> e' d'accordo, ma chissa' se mai si trovera' una soluzione. Anzi la sua
> battuta e' stata: non ve ne ho gia' trovate abbastanza?
>
> Quindi forse tocca a voi "geek".
>
> elena
>
>
>
>
>
>
>
> Il giorno 27 gennaio 2016 12:10, Andrea Zanni < zanni.andrea84 a gmail.com
> > ha scritto:
>
>
>
>
>
>
> Nonostante sia molto d'accordo,
> mi pare abbastanza indubbio che quei progetti siano riusciti a dove il
> "vero" OA ha fallito (IMHO), cioè nel dare seriamente e concretamente
> "accesso" alla letteratura scientifica.
> Se gli autori sono contenti così e riescono ad accedere a quello che
> cercano, credo sia meglio che il contrario.
>
> Andrea
>
>
>
>
>
>
>
>
> 2016-01-27 11:53 GMT+01:00 Alessandro Sarretta <
> alessandro.sarretta a gmail.com > :
>
>
>
> Oh ottimo Paola, grazie!
> Non ho ancora letto nel dettaglio ma so già che condividerò :-)
> Una delle cose di cui sono convinto è che questi repository, pur
> costituendo ottime arene di potenziale confronto e scambio, in realtà
> corrono il rischio di diventare delle aree di "mercato nero" delle
> pubblicazioni solamente perché è più facile far finta di fregarsene dei
> vincoli che si firmano (e i diritti che si cedono più o meno
> consapevolmente) all'atto di pubblicare un paper in molti Journal non OA.
> In questo senso, invece di agevolare, rischiano di ostacolare un accesso
> veramente aperto alla conoscenza scientifica, perché "nascondono" un
> problema che invece rimane per tutto il resto del mondo al di fuori di tali
> research social networks.
>
> Ale
>
>
>
>
>
> On 27/01/2016 11:45, Paola Gargiulo wrote:
>
>
>
>
> Da leggere, soprattutto da far circolare tra i ricercatori!
>
> Paola
>
>
> L'Office of Scholarly Communication dell'Università della California per
> fare chiarezza ai propri ricercatori che ritenevano erroneamente che
> depositando gli articoli nelle due piattaforme avevano assolto agli
> obblighi delle politiche OA dell'Università della California ha redatto un
> post nel dicembre scorso sull'argomento.
> Nel post redatto da Katie Fortney e Justin Gonder della California Digital
> Library si descrivono brevemente i repository OA, le due piattaforme, si
> evidenziano le differenze (anche un breve grafico), le finalità diverse, i
> punti di forza e di debolezza di ciascuna soluzione, le ragioni per le
> quali soluzioni come Academia.edu e Research.gate, pur presentando servizi
> utili non vadano confusi con l'archivio istituzionale o disciplinare
> gestito da istituzioni o organizzazioni non a scopo di lucro e soprattutto
> non soddisfano i requisiti OA dell'Università della California.
>
>
> http://osc.universityofcalifornia.edu/2015/12/a-social-networking-site-is-not-an-open-access-repository/
>
> Segue un commento di Katie Fortney della California Digital Library in cui
> risponde al thread
> http://listserv.crl.edu/wa.exe?A1=ind1601&L=LIBLICENSE-L&F=&S=&O=T&H=1&D=0&T=1#6
> che si è aperto su lib-license da qualche giorno
>
> -------- Messaggio Inoltrato --------
> Oggetto:        Re: A social networking site is not an open access
> repository
> Data:   Tue, 26 Jan 2016 20:48:31 -0500
> Mittente:       LIBLICENSE <liblicense a GMAIL.COM>
> Rispondi-a:     LibLicense-L Discussion Forum <
> LIBLICENSE-L a LISTSERV.CRL.EDU>
> A:      LIBLICENSE-L a LISTSERV.CRL.EDU
>
> From: Katie Fortney <Katie.Fortney a ucop.edu> Date: Tue, 26 Jan 2016
> 21:37:36 +0000
>
> Hi Rick,
>
> That blog post links to and excerpts a post that Justin Gonder and I
> wrote in December. We wrote it because yes, some of our authors do
> believe that social networking sites count as open access
> repositories. When they hear that they can participate in UC’s OA
> policies either by depositing in eScholarship (our repository) or by
> just giving us a link to where their article is available in another
> open access repository like arXiv or PMC, they ask, “It’s in
> Academia.edu. That counts, right?”
>
> No, they don’t have to choose between the two. But our post was an
> attempt to explain a) why Academia.edu doesn’t count for compliance
> with UC’s Open Access policies and b) the relative strengths,
> functions, and drawbacks of each option in general. Because “What do
> you think of ResearchGate?” is another one we get a lot.
>
> Our post is here:
> http://osc.universityofcalifornia.edu/2015/12/a-social-networking-site-is-not-an-open-access-repository/
> Cheers,
>
> Katie
>
> Katie Fortney, J.D., M.L.I.S.
> Copyright Policy & Education Officer
> California Digital Library
> 415 20th Street, 4th Floor
> Oakland, CA 94612
>
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Antonella De Robbio
Coordinatore biblioteche del Polo Giuridico
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"Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato. Chi
attribuisce le proprie sconfitte e i propri errori alla crisi, violenta il
proprio talento e mostra maggior interesse per i problemi piuttosto che per
le soluzioni. La vera crisi è l'incompetenza." Albert Einstein, Come io
vedo il mondo, 1934
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