[Oa-italia] Fwd: Perchè academia.edu e research.gate NON sono un OA repository e non rispondono alle policy OA

Livia Castelli liviacastelli a gmail.com
Lun 1 Feb 2016 15:21:42 CET


Ma infatti, si è semplicemente passato sopra al modo di lavorare dei
ricercatori. Che specie all'estero e oggi un po' per amore un po' per forza
anche nel nostro paesotto, prevede legami con persone che fanno la stessa
cosa dall'altra parte dell'universo, indipendentemente da quale poltrona o
pecetta abbiano - se si lavora seriamente, cioè non per cordate,
ovviamente. Non nasce forse così l'OA, con i preprint dei fisici? Che ha a
che vedere questo con i repository istituzionali? Quel che scrive il
collega della porta accanto me lo passa, in genere, senza bisogno di
arrivare a un repository di qualsiasi tipo. Inoltre academia permette di
iscriversi anche a chi non è legato a un'istituzione in modo stabile. Non
sono pochi. (Chi scrive come attività collaterale qui, in che repository si
mette e a che titolo?)

La rete E', almeno dovrebbe essere il modo di lavorare di chi studia.

E' sempre stato così, oggi è più semplice. La distribuzione degli estratti,
che data da secoli, come ben sanno le biblioteche e persino gli editori,
non è forse esattamente l'equivalente dell'invio via mail dei .pdf? Tirare
in ballo pigrizia e vanità è veramente non capire o non voler capire le
ragioni vere, profonde, di un fenomeno. Che me ne faccio del metadato
fighissimo del vicino di matematica mentre non posso accedere a quel che fa
chi si occupa delle stesse cose che studio io? Poi che la soluzione
dovrebbe stare in una comunicabilità pressoché automatica tra depositi
istituzionali comunque necessari e preziosi (per questioni di
documentazione ecc.) e depositi tout court - perché per forza disciplinari?
- è un passo ulteriore.

Quanto al copyright poi bel furto legalizzato. Certo, finché ci facciamo
irretire da robe tipo la cosiddetta proposta rivoluzionaria del Max Planck
chiamandola nuova frontiera per l'OA... vabbè, facciamoci una risata, ecco.
Per non piangere. Ovviamente.
LC


2016-01-29 11:34 GMT+01:00 Andrea Marchitelli <a.marchitelli a cineca.it>:

> Credo che si possano separare due piani della discussione:
> 1. da una parte, il fatto che su questi social network e' piu' semplice
> caricare i file perche' chi li gestisce risolve la questione del copyright
> con un disclaimer (quello che caricate e' affare vostro, nessuno puo'
> rivalersi su di me) e quindi e' molto piu' facile recuperare i full text,
> caricati con un maggiore o minore rispetto dei diritti.
>
> 2. dall'altra, non ho ancora capito se ci siano e quali siano
> funzionalita' che rendono questi servizi "migliori" (piu' efficienti, piu'
> simpatici, piu'...) dei repository istituzionali, che solo per il fatto che
> li si chiami cosi' li rende gia' un po' meno simpatici :)
>
> A me pare evidente che sul secondo piano, che e' quello che mi interessa
> di piu', ci sia un elemento che rende incomparabili i due servizi, a
> vantaggio dei secondi. I repository sono "dell'istituzione", i network sono
> disciplinari (al limite, raggruppano tutte le discipline) e le istituzioni
> sono solo un modo di recuperare le istituzioni. Insomma, li' posso seguire
> tutti gli esperti di un certo ramo, indipendentemente da dove lavorino,
> perche' il sistema mette insieme dati in maniera unitaria.
> PLEIADI fa un po' lo stesso lavoro (certo, limitato alla sola Italia) ma i
> dati di accesso non sono certo quelli di academia o researchgate...
>
> Forse si tratta delle funzioni di alerting? C'e' altro?
>
> andrea
>
> --
>  Andrea Marchitelli
>  Area servizi Musei Archivi Biblioteche
>  Cineca - Sede operativa di Roma
>  Via dei Tizii, 6/b - 00185 Roma, Italy
>  tel. +39 0644486525 - cell. +39 340 4027156 - http://www.cineca.it
>
> Il giorno 29 gennaio 2016 09:31, Giovanna Frigimelica (UniCA) <
> g.frigimelica a unica.it> ha scritto:
>
>> La cosa che personalmente mi lascia più perplessa è che il tempo per
>> caricare un lavoro su Academia e similari e il tempo per caricarlo su IRIS
>> non sono poi così diversi. Però sempre più spesso anche io mi sento dire
>> "l'ho caricato lì non lo ricarico su IRIS" (mi è pure capitato di vedere
>> full text scaricati da Academia o Researchgate e caricati in IRIS, argh).
>> Capisco che tutta la questione dei depositi istituzionali sia arrivata in
>> un momento difficile e incasinato (almeno così è stato per noi!) però una
>> volta che è chiaro il contesto in cui ci muoviamo, credo sarebbe utile
>> anche uno sforzo da parte degli autori. Una SCELTA: non rinuncio alle
>> possibilità social etc. che mi danno questi strumenti, ma lì carico solo i
>> metadati, mentre il testo completo lo carico nell'archivio istituzionale
>> della mia università (che, lo dico incidentalmente ma non va dimenticato, è
>> il soggetto che mi ha consentito di fare quella ricerca!) e quindi
>> garantisco conservazione, interoperabilità, etc.
>> Buona giornata,
>> Giovanna
>>
>> Il giorno 29 gennaio 2016 09:13, Elena Giglia <elena.giglia a unito.it> ha
>> scritto:
>>
>>> Gentile Angela,
>>> il problema non e' leggere su Academia, ma depositare i lavori. Se avete
>>> firmato un contratto di cessione dei diritti, non lo potete fare, e sempre
>>> piu' editori su SHERPA Romeo stanno esplicitando il divieto di depositare
>>> sui social networks.
>>> Elsevier nel 2013 chiese e ottenne la rimozione di tutti i suoi pdf
>>> indebitamente postati.
>>> Inoltre, sono sitemi "fintamente" aperti, come ricordato, perche' non
>>> permettono nessun tipo di harvesting da parte di altri, vendono pubblicita'
>>> ecc ecc.
>>> Ora, il problema e' proprio questo: perche' Academia e Research Gate
>>> funzionano, gli autori sono disposti a violare il copyright, depositano
>>> senza che nessuno glielo chieda, senza bisogno di regolamenti?
>>> Appunto perche' offrono i servizi che i repositories istituzionali non
>>> offrono, e perche' sono facili da usare. Perche' sono social, e sono utili
>>> a creare gruppi, seguire colleghi con interessi di ricerca affini ecc ecc.
>>> Ho molta fiducia che con IRIS le cose cambino in meglio.
>>> Tutto quanto lei dice nel primo paragrafo (facilita' di reperimento su
>>> google, possiblita' di ricerche ecc) c'e' gia' anche nei repositories, che
>>> hanno il vantaggio di rispettare le regole di copyright, di conservare, di
>>> mettere a disposizione di tutti i dati (intendo lato macchina, per
>>> l'harvsting) ecc ecc.
>>> Manca tutta la parte social/servizi/feedback sull'uso, ed e' questo che
>>> viene percepito come esigenza, visto che academia e research sono
>>> indubbiamente molto piu' utilizzati dei repositories e sono entrati (come
>>> doveva invece essere per i repositories) nella pratica quotidiana dei
>>> docenti.
>>> Buona giornata
>>> Elena
>>>
>>> Il giorno 28 gennaio 2016 12:04, Angela Maria Nuovo <
>>> angela.nuovo a uniud.it> ha scritto:
>>>
>>>> cari tutti,
>>>>
>>>>
>>>> non ho capito perche' leggere le pubblicazioni su Academia anziche'
>>>> andarsi a cercare i metadati e gli abstract sugli IR delle universita' sia
>>>> segno di vanita' e pigrizia. Uno dei servizi piu' importanti di Academia
>>>> sono le notifiche quotidiane delle pubblicazioni che i colleghi (io ne ho
>>>> centinaia nella mia rete) mettono a disposizione. Che meraviglia poterseli
>>>> leggere subito, senza andare in biblioteche che per farti vedere una
>>>> rivista ci mettono anche una settimana! (non scendo in dettagli, ma mi
>>>> capite). O sui siti commerciali delle riviste, che per un articolo ti
>>>> chiedono una cifra spropositata! (che tuttavia, sono stata costretta piu'
>>>> volte a pagare ) Inoltre, agli articoli su Academia si arriva anche da una
>>>> semplice ricerca su Google.
>>>>
>>>>
>>>> Dopo molte titubanze (non capivo bene come funzionasse) anch'io ho
>>>> caricato le mie pubblicazioni e lo faccio regolarmente, per spirito di
>>>> reciprocita' e desiderio di condivisione.
>>>>
>>>> Non ho capito inoltre perche' i dati sul numero di persone che leggono
>>>> ogni pubblicazione dovrebbero essere falsi: io ho pubblicazioni (ho
>>>> controllato adesso) con 30 lettori e altre con 400; questo dato invece per
>>>> me potrebbe anche essere interessante anche se (come si suol dire) non mi
>>>> faccio dettare l'agenda della ricerca nemmeno dai miei pari.
>>>>
>>>>
>>>> Tramite Academia ho potuto dare una scorsa alle numerose pubblicazioni
>>>> della collega Pievatolo, che ignoravo (dal punto di vista disciplinare
>>>> siamo distanti), trovando invece diversi testi di mio interesse,e anzi la
>>>> ringrazio per essere presente anche li'.
>>>>
>>>> Limiti di Academia ce ne sono parecchi, e per me uno dei piu' gravosi
>>>> e' che (almeno per la mia esperienza) pochissimi colleghi anglo-americani
>>>> vi partecipano. Saranno forse su altre piattaforme, pero' a me manca il
>>>> tempo per fare un'inchiesta.
>>>>
>>>>
>>>> So bene che il movimento OA e' un'altra cosa e che vuole affrontare in
>>>> modo sistematico e ottimale tutti i problemi connessi alla condivisione
>>>> della ricerca e alla sua conservazione. C'e' da dire che quel che si mette
>>>> in Academia e' di regola stato pubblicato altrove (ad es., riviste cartacee
>>>> tradizionali) e in quel formato dovrebbe essere conservato. Quando Academia
>>>> iniziera' a dare dei problemi anziche' dei vantaggi me ne andro'
>>>> immediatamente. Ma per il momento, se i ricercatori e i professori vanno in
>>>> direzioni alternative all'OA istituzionale, ovvero vanno dove
>>>> pragmaticamente trovano migliori risposte ai loro quotidiani problemi,
>>>> denigrarli perche' lo fanno non e' la soluzione.
>>>>
>>>>
>>>> Saluti,
>>>>
>>>> Angela Nuovo
>>>>
>>>>
>>>> Angela Nuovo
>>>>
>>>> Università degli Studi di Udine
>>>>
>>>>
>>>> ------------------------------
>>>> *Da:* oa-italia-bounces a openarchives.it <
>>>> oa-italia-bounces a openarchives.it> per conto di Andrea Zanni <
>>>> zanni.andrea84 a gmail.com>
>>>> *Inviato:* giovedì 28 gennaio 2016 11.14
>>>> *A:* Lista di discussione su temi relativi all'accesso aperto
>>>> *Cc:* Roberto Caso
>>>> *Oggetto:* Re: [Oa-italia] Perchè academia.edu e research.gate NON
>>>> sono un OA repository e non rispondono alle policy OA
>>>>
>>>> La discussione è molto divertente e stimolante, grazie a tutti.
>>>>
>>>> Permettetemi un gioco: qui sotto scriverò un'opinione MOLTO
>>>> provocatoria, che non rispecchia totalmente neanche la mia di opinione.
>>>> Però mi è venuto in mente leggendo il messaggio di Roberto e di Stefano, e
>>>> ritengo che possa essere interessante estremizzare un po', per vedere se
>>>> abbiamo risposte a certe "sensazioni".
>>>>
>>>> ---
>>>>
>>>> Non sarà che, come bibliotecari, ci siamo concentrati troppo su un
>>>> discorso "infrastrutturale" (preservazione, metadati, repo istituzionali)
>>>> che di fatto ha poi perso di vista il web, le community di ricercatori e le
>>>> loro esigenze e desideri e anche pigrizie?
>>>>
>>>> Sono assolutamente d'accordo con Roberto quando dice che a volte
>>>> idealizziamo la comunità scientifica. È la scienza ad essere collettiva,
>>>> collaborativa, aperta.
>>>> I ricercatori no: vivono in un mondo altamente competitivo in cui le
>>>> risorse (tempo, soldi, volontà) sono scarse, e con quelle poche risorse
>>>> devono sopravvivere.
>>>> Di più, il sistema accademico funziona in maniera tale che la carriera
>>>> universitaria è direttamente condizionata dalla produzione scientifica:
>>>> quello che loro producono influisce sul loro futuro e il loro (eventuale)
>>>> stipendio.
>>>> Se ci pensiamo un attimo, è incredibile come un risultato puramente
>>>> teorico come la bibliometria sia riuscito ad influenzare così tanto il
>>>> mondo e le sue dinamiche... Ci sarebbe da essere orgogliosi della scienza
>>>> bibliotecaria (se le cose non fossero andate così male).
>>>> Mi pare il primo vero esempio di algoritmo che cambia le vite (prima di
>>>> Google, che in parte fa esattamente la stessa cosa).
>>>>
>>>> Questo, IMHO, è l'unica spiegazione per il corto circuito logico che è
>>>> l'industria editoriale accademica.
>>>> Dico spesso che solo i professori universitari potevano essere così
>>>> "stupidi" (perdonate la battuta) per infilarsi in un vicolo cieco circolare
>>>> come questo.
>>>> (vedasi http://aubreymcfato.com/2013/01/15/how-to-exploit-academics/)
>>>> <http://aubreymcfato.com/2013/01/15/how-to-exploit-academics/>
>>>> How to exploit academics
>>>> <http://aubreymcfato.com/2013/01/15/how-to-exploit-academics/>
>>>> aubreymcfato.com
>>>> I have an ingenious idea for a company. My company will be in the
>>>> business of selling computer games. But, unlike other computer game
>>>> companies, mine will never have to hire a single programmer, ga...
>>>>
>>>>
>>>>
>>>> Sono i creatori, i revisori e i fruitori del prodotto della ricerca, e
>>>> riescono di fatto a lavorare gratis per un'industria editoriale che gli
>>>> impacchetta quello che loro producono e revisionano e poi fanno comprare
>>>> dalle loro università.
>>>>
>>>> Ai ricercatori nulla interessa del copyright, come del resto a nessuno
>>>> al mondo. Interessa solo ad avvocati e wikipediani.
>>>> La legislazione sul copyright è obsoleta per quello che riguarda il
>>>> digitale, e in quanto obsoleta è violata continuamente, ovunque. In tutti i
>>>> siti, da tutte le fasce d'età.
>>>> I ricercatori universitari non fanno certo eccezione.
>>>> In questo senso, è stata probabilmente inefficace l'advocacy fatta per
>>>> anni ai ricercatori a riguardo, perchè a loro non interessa, di fatto; è
>>>> visto come un ostacolo e altro lavoro e una roba complicata che non
>>>> vogliono gestire.
>>>> Trovo illuminante la mail di Stefano a riguardo: la parte sociale,
>>>> umana, personale di sistemi come Academia e RG ha stravinto su tutte le
>>>> nostre paturnie sulle licenze, sui colori di Sherpa/romeo, sul protocolli
>>>> di trasmissione dei metadati, sull'insistenza degli archivi istituzionali.
>>>> Continuo a credere, personalmente, che queste siano cose importanti, ma che
>>>> forse servono a qualcun altro (appunto, Academia.edu e RG, che
>>>> evidentemente sfruttano i repositories per prendere i PDF).
>>>>
>>>> Forse, l'advocacy migliore al momento potrebbe essere spingere perchè
>>>> questi social sceintific networks si impegnino a favorire licenze come le
>>>> creative commons, rispettandole quando sono presenti all'origine e
>>>> promuovendo il loro uso per i nuovi articoli. D'altronde loro ci
>>>> guadagnerebbero comunque (perchè sono la piattaforma su cui la gente
>>>> arriva).
>>>>
>>>> Andrea
>>>>
>>>>
>>>>
>>>>
>>>> 2016-01-28 7:19 GMT+01:00 Roberto Caso <roberto.caso a unitn.it>:
>>>>
>>>>> Discussione interessante.
>>>>> Tema complesso.
>>>>> Provo a svolgere alcune semplici e provocatorie considerazioni.
>>>>> 1) Internet, OA rapporti tra stato, comunità scientifica e mercato.
>>>>> 2) Violazione del copyright.
>>>>> 3) Etica e progresso.
>>>>>
>>>>> 1) Internet, OA rapporti tra stato, comunità scientifica e mercato. Ci
>>>>> stiamo accorgendo che nel mondo della scienza in Rete e dell’OA sta
>>>>> accadendo quello che è accaduto già da molto tempo a Internet. Il ruolo
>>>>> degli attori commerciali e del profitto diventa sempre più importante. Non
>>>>> c’era da meravigliarsi. Ma la domanda di fondo è possiamo fare a meno del
>>>>> mercato e del profitto su Internet? Forse sì, ma dovremmo cambiare la
>>>>> nostra società e i suoi fondamenti economici. Oggi scopriamo quasi con
>>>>> meraviglia che Academia.edu vuole fare profitto sulle “nostre”
>>>>> pubblicazioni. Ohibò! Ma non dovevamo prima chiederci se Google rappresenta
>>>>> una delle più importanti porte di accesso ai nostri repositories? E Google
>>>>> agisce per beneficenza? Dunque vanno benissimo la conoscenza, la
>>>>> consapevolezza e lo spirito critico verso i social network scientifici, ma
>>>>> non perdiamo la visione d’insieme.
>>>>>
>>>>> 2) Violazione del copyright. Academia.edu e ResearchGate sono meno
>>>>> attenti dei repostiories istituzionali al rispetto del copyright. Ma chi è
>>>>> attento al rispetto del copyright? I singoli ricercatori o le istituzioni
>>>>>  come le università e le biblioteche? Facile risposta, le seconde perché
>>>>> sono maggiormente integrate nel sistema statale e più esposte. I
>>>>> ricercatori spesso violano il copyright per motivi meschini o per nobili
>>>>> ragioni (v. Aaron Swartz). Un dettaglio: la pratica di scambiarsi i file
>>>>> via email non salva di per sé dalla violazione del copyright. Se l’autore è
>>>>> legato a un contratto che impedisce la distribuzione e la comunicazione, lo
>>>>> scambio via email è violazione del copyright. L’unica differenza rispetto a
>>>>> uno scambio su un social network è nel fatto che lo scambio è meno visibile.
>>>>>
>>>>> 3) Etica e progresso. In questa storia abbiamo fatto un’altra scoperta
>>>>> clamorosa. Ohibò!Ohibò! Abbiamo scoperto che molti scienziati pensano più
>>>>> alla propria visibilità e al proprio successo (contemplano con
>>>>> soddisfazione o frustrazione i rankings generati da Academia, RG, SSRN ecc.
>>>>> ecc.) che alla ricerca della verità. Insomma non sono molto diversi da
>>>>> coloro che usano i social networks generalisti per mera vanità. Anzi forse
>>>>> sono peggio (visto quel che si legge su plagio, falsificazione dei dati,
>>>>> reti citazionali costruite ad hoc ecc.). E abbiamo anche scoperto che su
>>>>> Academia.edu & C. violano allegramente il copyright, ma magari non
>>>>> sanno nemmeno esattamente cos’è il copyright e magari non sanno chi era
>>>>> Aaron Swartz e non si sognano nemmeno di fare una battaglia pubblica per
>>>>> cambiare la legge sul copyright. Ma allora potremmo approfondire la cosa e
>>>>> chiederci: le università che ospitano i nostri cari repositories
>>>>> istituzionali hanno mai fatto vere battaglie per cambiare in meglio la
>>>>> legge del copyright? E le università cosa stanno facendo sul piano della
>>>>> valutazione, alimentano comportamenti virtuosi, spingono alla cooperazione
>>>>> e alla solidarietà? Non è che abbiamo un’idea “romantica” della comunità
>>>>> scientifica, dei ricercatori e delle istituzioni accademico-scientifiche?
>>>>> La commercializzazione della ricerca scientifica e l’esasperata
>>>>> competizione indotta dall’ideologia imperante sta iniettando massicce dosi
>>>>> di veleno nel mondo scientifico e accademico. Ma il male è antico e
>>>>> profondo. E l’odierna forza di resistenza nulla. Oggi ci accorgiamo che
>>>>> Academia.edu fa “concorrenza sleale” ai nostri cari bravi vecchi
>>>>> repositories senza scopo di profitto, ma anche prima dell’ingresso dei
>>>>> social network scientifici nella concorrenza tra OA e canali di
>>>>> pubblicazioni ad accesso chiuso (per profitto) vincevano i secondi. Ma poi
>>>>> potremmo andare anche oltre e chiederci se un domani le università avranno
>>>>> il controllo fisico dei data center che ospitano i repositories
>>>>> istituzionali. In altri termini, non c’è il pericolo che in ragione della
>>>>> “razionalizzazione” e della “spending review” si esternalizzino le
>>>>> infrastrutture che custodiscono i dati scientifici?
>>>>>
>>>>> Il rischio maggiore - che ho più volte denunciato pubblicamente - è
>>>>> che nel mondo dell’accesso aperto si ricreino posizioni oligopolistiche,
>>>>> addirittura più forti del passato. C’è il rischio che il pluralismo dei
>>>>> luoghi di comunicazione e di uso pubblico della ragione si riduca.
>>>>> Come diceva uno dei cattivi più riusciti della storia del cinema:
>>>>> "infinite cose da fare… e così poco tempo” ;)
>>>>>
>>>>> A presto,
>>>>> Roberto
>>>>>
>>>>>
>>>>> Il giorno 27/gen/2016, alle ore 13:17, Paola Galimberti <
>>>>> paola.galimberti a unimi.it> ha scritto:
>>>>>
>>>>> Sono molto d'accordo con quanto dici Andrea (Marchitelli), e oltre a
>>>>> suggerire la lettura attenta del post dei colleghi americani che mettono a
>>>>> confronto le diverse caratteristiche degli strumenti vi consiglio di
>>>>> leggere il post di questo ricercatore dell'università di Amsterdam dal
>>>>> titolo suggestivo  Upon leaving academia.edu.
>>>>> http://mittelalter.hypotheses.org/7123 che fa il punto dopo la
>>>>> pubblicazione del suo post su academia del 22 novembre 2015:  ha fatto
>>>>> abbastanza rumore nelle diverse liste che trattano di queste tematiche.
>>>>> Saluti
>>>>> Paola
>>>>>
>>>>> Il giorno 27 gennaio 2016 12:33, Andrea Marchitelli <
>>>>> a.marchitelli a cineca.it> ha scritto:
>>>>>
>>>>>> Ciao,
>>>>>> l'open access prevede che cio' che viene finanziato con fondi
>>>>>> pubblici al pubblico ritorni.
>>>>>>
>>>>>> Academia.edu e researchgate prendono cioe' che e' finanziato con
>>>>>> fondi pubblici per fare un business privato:
>>>>>> "We've raised $17.7 million from a range of investors"
>>>>>> https://www.academia.edu/about
>>>>>>
>>>>>> Non credo che questo aspetto possa essere taciuto quando si dice che
>>>>>> questi progetti danno "seriamente e concretamente accesso alla letteratura
>>>>>> scientifica".
>>>>>> Tanto per fare un esempio su un tema che ci accalora, pensiamo che
>>>>>> academia.edu permetta il datamining?
>>>>>>
>>>>>> Insomma, complimenti per l'idea di business (che sicuramente
>>>>>> funziona, quella si) ma non certo per il servizio fornito alla comunita'
>>>>>> dei ricercatori che usa quelle fonti, a mio avviso, perche' li' carica e
>>>>>> scarica, senza troppa attenzione ai diritti, quello che vuole.
>>>>>>
>>>>>> Quindi mi pare che si usino due pesi e due misure; da una parte l'OA
>>>>>> deve essere giustamente rispettoso di regole e diritti di tutti e fare il
>>>>>> "duro e puro" (penso al dibattito su Berlin12) ma poi noi stessi diciamo
>>>>>> che i ricercatori fanno bene a usar quello strumento che funziona bene
>>>>>> (anche se ancora non mi e' affatto chiaro in che cosa funzioni "bene" se
>>>>>> non nell'aver dentro piu' "roba").
>>>>>>
>>>>>> andrea
>>>>>>
>>>>>> --
>>>>>>  Andrea Marchitelli
>>>>>>  Area servizi Musei Archivi Biblioteche
>>>>>>  Cineca - Sede operativa di Roma
>>>>>>  Via dei Tizii, 6/b - 00185 Roma, Italy
>>>>>>  tel. +39 0644486525 - cell. +39 340 4027156 - http://www.cineca.it
>>>>>>
>>>>>> ----- Messaggio originale -----
>>>>>> Da: "Elena Giglia" <elena.giglia a unito.it>
>>>>>> A: "Lista di discussione su temi relativi all'accesso aperto" <
>>>>>> oa-italia a openarchives.it>
>>>>>> Inviato: Mercoledì, 27 gennaio 2016 12:19:29
>>>>>> Oggetto: Re: [Oa-italia]        Perchè academia.edu e research.gate
>>>>>> NON sono un OA repository e non rispondono alle policy OA
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>> Appunto, Andrea.
>>>>>> E' vero: hanno successo perche' sono riusciti a costruire servizi -
>>>>>> apprezzati dai ricercatori.
>>>>>>
>>>>>> I nostri repositories invece stanno fuori dal workflow e dalle
>>>>>> pratiche quotidiane.
>>>>>>
>>>>>> Ne ho parlato con Herbert Van de Sompel all'ultimo OAI a Ginevra a
>>>>>> giugno, e' d'accordo, ma chissa' se mai si trovera' una soluzione. Anzi la
>>>>>> sua battuta e' stata: non ve ne ho gia' trovate abbastanza?
>>>>>>
>>>>>> Quindi forse tocca a voi "geek".
>>>>>>
>>>>>> elena
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>> Il giorno 27 gennaio 2016 12:10, Andrea Zanni <
>>>>>> zanni.andrea84 a gmail.com > ha scritto:
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>> Nonostante sia molto d'accordo,
>>>>>> mi pare abbastanza indubbio che quei progetti siano riusciti a dove
>>>>>> il "vero" OA ha fallito (IMHO), cioè nel dare seriamente e concretamente
>>>>>> "accesso" alla letteratura scientifica.
>>>>>> Se gli autori sono contenti così e riescono ad accedere a quello che
>>>>>> cercano, credo sia meglio che il contrario.
>>>>>>
>>>>>> Andrea
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>> 2016-01-27 11:53 GMT+01:00 Alessandro Sarretta <
>>>>>> alessandro.sarretta a gmail.com > :
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>> Oh ottimo Paola, grazie!
>>>>>> Non ho ancora letto nel dettaglio ma so già che condividerò :-)
>>>>>> Una delle cose di cui sono convinto è che questi repository, pur
>>>>>> costituendo ottime arene di potenziale confronto e scambio, in realtà
>>>>>> corrono il rischio di diventare delle aree di "mercato nero" delle
>>>>>> pubblicazioni solamente perché è più facile far finta di fregarsene dei
>>>>>> vincoli che si firmano (e i diritti che si cedono più o meno
>>>>>> consapevolmente) all'atto di pubblicare un paper in molti Journal non OA.
>>>>>> In questo senso, invece di agevolare, rischiano di ostacolare un
>>>>>> accesso veramente aperto alla conoscenza scientifica, perché "nascondono"
>>>>>> un problema che invece rimane per tutto il resto del mondo al di fuori di
>>>>>> tali research social networks.
>>>>>>
>>>>>> Ale
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>> On 27/01/2016 11:45, Paola Gargiulo wrote:
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>> Da leggere, soprattutto da far circolare tra i ricercatori!
>>>>>>
>>>>>> Paola
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>> L'Office of Scholarly Communication dell'Università della California
>>>>>> per fare chiarezza ai propri ricercatori che ritenevano erroneamente che
>>>>>> depositando gli articoli nelle due piattaforme avevano assolto agli
>>>>>> obblighi delle politiche OA dell'Università della California ha redatto un
>>>>>> post nel dicembre scorso sull'argomento.
>>>>>> Nel post redatto da Katie Fortney e Justin Gonder della California
>>>>>> Digital Library si descrivono brevemente i repository OA, le due
>>>>>> piattaforme, si evidenziano le differenze (anche un breve grafico), le
>>>>>> finalità diverse, i punti di forza e di debolezza di ciascuna soluzione, le
>>>>>> ragioni per le quali soluzioni come Academia.edu e Research.gate,
>>>>>> pur presentando servizi utili non vadano confusi con l'archivio
>>>>>> istituzionale o disciplinare gestito da istituzioni o organizzazioni non a
>>>>>> scopo di lucro e soprattutto non soddisfano i requisiti OA dell'Università
>>>>>> della California.
>>>>>>
>>>>>>
>>>>>> http://osc.universityofcalifornia.edu/2015/12/a-social-networking-site-is-not-an-open-access-repository/
>>>>>>
>>>>>> Segue un commento di Katie Fortney della California Digital Library
>>>>>> in cui risponde al thread
>>>>>> http://listserv.crl.edu/wa.exe?A1=ind1601&L=LIBLICENSE-L&F=&S=&O=T&H=1&D=0&T=1#6
>>>>>> che si è aperto su lib-license da qualche giorno
>>>>>>
>>>>>> -------- Messaggio Inoltrato --------
>>>>>> Oggetto:        Re: A social networking site is not an open access
>>>>>> repository
>>>>>> Data:   Tue, 26 Jan 2016 20:48:31 -0500
>>>>>> Mittente:       LIBLICENSE <liblicense a GMAIL.COM>
>>>>>> Rispondi-a:     LibLicense-L Discussion Forum <
>>>>>> LIBLICENSE-L a LISTSERV.CRL.EDU>
>>>>>> A:      LIBLICENSE-L a LISTSERV.CRL.EDU
>>>>>>
>>>>>> From: Katie Fortney <Katie.Fortney a ucop.edu> Date: Tue, 26 Jan 2016
>>>>>> 21:37:36 +0000
>>>>>>
>>>>>> Hi Rick,
>>>>>>
>>>>>> That blog post links to and excerpts a post that Justin Gonder and I
>>>>>> wrote in December. We wrote it because yes, some of our authors do
>>>>>> believe that social networking sites count as open access
>>>>>> repositories. When they hear that they can participate in UC’s OA
>>>>>> policies either by depositing in eScholarship (our repository) or by
>>>>>> just giving us a link to where their article is available in another
>>>>>> open access repository like arXiv or PMC, they ask, “It’s in
>>>>>> Academia.edu. That counts, right?”
>>>>>>
>>>>>> No, they don’t have to choose between the two. But our post was an
>>>>>> attempt to explain a) why Academia.edu doesn’t count for compliance
>>>>>> with UC’s Open Access policies and b) the relative strengths,
>>>>>> functions, and drawbacks of each option in general. Because “What do
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