[Oa-italia] Berlin 5 Padova: resoconto

Maria Cassella maria.cassella a unito.it
Mer 26 Set 2007 10:01:10 CEST


Gentili colleghi,
so per certo che alcuni di voi avrebbero voluto partecipare a Berlin 5 a 
Padova e non hanno potuto. Di seguito, quindi, un breve resoconto dei 
principali temi trattati. Per dovere di cronaca vi segnalo che non 
analizzero' tutte le presentazioni anche perche' nelle giornate di 
giovedi' e venerdi' il programma prevedeva alcune sessioni parallele.
A questo indirizzo, comunque, trovate il programma del convegno e molte 
delle presentazioni che sono state tenute ( giusto per dare una risposta 
all'argomento del quale si sta discutendo in questi giorni su AIB-Cur e 
del quale io ho gia' perso il filo) 
http://www.aepic.it/conf/program.php?cf=10 .

Il programma era organizzato in tre giornate. La prima era dedicata 
prevalentemente ai saluti e ai buoni proponimenti: tra gli altri quelli 
del Presidente della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università 
Italiane) Guido Trombetti e del Rettore dell’Università di Padova, 
nonché Presidente della Commissione CRUI per le Biblioteche, Vincenzo 
Milanesi, che nel porgere il benvenuto ai partecipanti si è impegnato a 
far si che, dopo la firma della Dichiarazione di Berlino da parte di 75 
università, la CRUI sostenga le varie iniziative open access messe in 
atto dalle istituzioni accademiche, grazie anche ai suggerimenti e 
all’impegno concreto del Gruppo di lavoro CRUI sull’OA.
Sempre nella prima giornata Susanna Mornati, Chair della conferenza, ha 
presentato una panoramica dei principali temi del convegno, mentre 
Sijbolt J. Noorda presidente del Gruppo di lavoro OA della European 
University Association (EUA) ha cercato di fare il punto sull’accesso 
aperto. Noorda ha sottolineato come l’OA sia in teoria un concetto molto 
semplice “make accessibile to the public what is/should be public 
knowledge”, soprattutto nel mondo digitale, in realtà si dimostri un 
messaggio complesso da trasmettere in quanto relativo ad una 
molteplicità di aspetti - legali, economici, di archiviazione, di /peer- 
review/ - e ad una varietà di discipline scientifiche, di culture e di 
pratiche professionali.
Nella sessione plenaria della seconda giornata, come di consueto, sono 
state presentate le relazioni che descrivevano lo stato dell’arte 
dell’accesso aperto in vari paesi, tra i quali l’Italia. In questa 
sessione sono emerse delle sostanziali differenze tra i paesi che 
possono contare sul sostegno concreto e continuo degli enti finanziatori 
e fare leva su programmi e progetti strategicamente finalizzati e paesi 
che segnano il passo. Tra i primi il Regno Unito, la Germania e più di 
recente anche la Francia, paese nel quale nel 2006 è stato firmato un 
*Memorandum of Understanding* tra le maggiori organizzazioni di ricerca 
e le università.
Frederick Friend, per esempio, ha descritto le nuove strategie del JISC 
a sostegno della “green” e della “gold road.”
*Green road*: Il JISC sta finanziando attualmente con 14 milioni di 
sterline fino al 2009 un nuovo programma allo scopo di sviluppare una 
massa critica di contenuti, di sostenere le politiche di preservazione e 
il sistema di /cross-searching/ tra i depositi.
*Gold Road*: per realizzare questo percorso il JISC sta lavorando 
attualmente con i soggetti coinvolti in questo modello ( enti 
finanziatori, istituzioni accademiche) per far si che i costi della 
pubblicazione degli articoli scientifici vengano spostati sulla ricerca. 
La consapevolezza di questi costi dovrebbe anche funzionare da calmiere 
alla crescita spropositata dei prezzi delle pubblicazioni.
In Germania la nuova piattaforma www.open-access.net finanziata da un 
pool di associazioni, società, enti finanziatori e conferenza dei 
Rettori si propone come un punto di riferimento per l’accesso aperto ai 
contenuti della ricerca, offrendo nel contempo anche informazioni su 
progetti e studi, proponendo modelli, offrendo soluzioni organizzative e 
tecnologiche per l’editoria elettronica, consulenze sugli aspetti legali 
ecc. L’informazione e lo scambio di opinioni rappresentano, comunque, un 
fattore chiave per la promozione e la pratica dell’OA.
L’Italia e il Giappone sono apparsi per motivi contrapposti in una fase 
che potremmo definire di transizione. Roberto delle Donne, coordinatore 
del Gruppo di lavoro CRUI sull’OA, ha elencato le quattro sfere di 
azione del gruppo a partire dal 2006, anno della sua costituzione: una 
linea di azione politica per creare collaborazione e sviluppare sinergie 
con altre organizzazioni a livello europeo; una seconda linea di azione 
inerente lo studio delle problematiche legali e tecnologiche correlate 
con l’auto-archiviazione di tesi e dissertazioni, una terza strategia 
collega i depositi istituzionali con le anagrafi della ricerca locali e 
la valutazione della ricerca ed infine una quarta si focalizza 
sull’editoria elettronica. E’ evidente come la mancanza di cospicui 
finanziamenti e di politiche nazionali forti a sostegno dell’OA abbia 
penalizzato l’Italia. A tre anni dalla firma della Dichiarazione di 
Berlino sono ventotto i depositi istituzionali italiani registrati nella 
OpenDOAR. L’ approccio teorico prevale su quello pragmatico.
Di contro il Giappone dimostra un notevole dinamismo con 
l’implementazione di ben 100 depositi istituzionali in soli due anni, 
anche se numerosi studi dimostrano come ci sia ancora poca 
consapevolezza dell’accesso aperto tra gli autori giapponesi. L’OA resta 
però un’opportunità unica per la diffusione della cultura locale.
La continuazione della seconda giornata prevedeva tre sessioni parallele 
e un panel.
Le prima sessione era dedicata ai modelli economici per la transizione 
alla Gold Road. In alternativa si poteva partecipare ad un panel sull’OA 
nelle scienze umane e sociali, mentre nel pomeriggio il programma 
proponeva la scelta tra una sessione sull’OA nei paesi in via di 
sviluppo ed una sessione sulle "questioni aperte nell'Open Access"
Dalla sessione sui modelli economici per la “gold road” sono emerse due 
delle proposte più interessanti ed innovative del convegno. La prima è 
quella che viene dal campo per la fisica delle alte energie (HEP) ed è 
vi ormai conosciuta grazie al suo acronimo elevato al cubo: SCOAP3 
ovvero Sponsoring Consortium for Open Access Publishing in Particle 
Physics. SCOAP3 si propone di convertire tutte le riviste del campo 
della fisica delle alte energie (una decina in tutto attualmente 
pubblicate da quattro editori commerciali tra i quali l’Elsevier) , in 
riviste interamente ad accesso aperto. Questo ambizioso obiettivo dovrà 
essere raggiunto grazie alla realizzazione di un consorzio 
internazionale, composto da enti finanziatori , laboratori di ricerca e 
biblioteche, che coprirà le spese di pubblicazione. Un report su SCOAP3 
è stato pubblicato nell’aprile 2007 dallo SCOAP3 Working Party ed è 
disponibile all’indirizzo 
http://open-access.web.cern.ch/Open-Access/Scoap3WPReport.pdf .
La seconda proposta innovativa è stata quella presentata da Chris 
Armbruster. Secondo Armbruster i modelli commerciali attualmente 
presenti sul mercato della società della conoscenza non sono 
sufficientemente efficaci nel mondo digitale. Il relatore propone quindi 
di creare un nuovo modello di disseminazione della comunicazione 
scientifica. Le biblioteche digitali e i depositi istituzionali dovranno 
assumere le funzioni di “registrazione, disseminazione e archiviazione” 
della conoscenza, mentre in futuro compito degli editori sarà quello di 
concentrarsi sulla certificazione (peer-review) e sui servizi a valore 
aggiunto di navigazione in rete. Tutto ciò premessa la disponibilità di 
una massa critica di dati e di articoli peer-review ad accesso aperto.
Per i paesi in via di sviluppo l’OA rappresenta in assoluto 
un’opportunità senza precedenti. Nella sessione relativa sono state 
presentate alcune delle più rilevanti iniziative a sostegno dell’accesso 
aperto in questi paesi:
la rete Agris, http://www.fao.org/agris/ un network informativo 
sull’agricoltura creato dalla FAO,
Agorà, Access to Global Online Research in Agricolture, 
http://www.aginternetwork.org/en/index.php un progetto lanciato nel 2003 
e promosso sempre dalla FAO che consente di consultare ad accesso aperto 
piu' di mille riviste (1132) nel campo dell’agricoltura e della 
sicurezza alimentare.
Bioline International http://www.bioline.org.br/ è invece un editore 
no-profit che fornisce accesso ai contenuti della ricerca scientifica 
realizzata nei paesi in via di sviluppo.

Non ho seguito la sessione 5.2. Segnalo però l'iniziativa, non 
recentissima, in verita', ma ancora forse poco nota ai piu', presentata 
da Sigrun Eckelmann su Knowledge Exchange 
http://www.knowledge-exchange.info/ .

Il giorno successivo, venerdi', ho partecipato al workshop promosso da 
European Science Foundation e Deutsche Forschungesgemeinschaft su 
"/Shared/ /responsibilities in sharing research data/". I partecipanti a 
questo workskhop hanno assistito ad una sorprendentemente coinvolgente 
relazione di Ilaria Capua, ricercatrice presso l'Istituto 
Zooprofilattico sperimentale delle Venezie. La Capua ha isolato il 
codice dell'influenza aviara in Africa e poi ha difeso la sua scelta di 
non depositarlo in una banca dati protetta da pwd, ma di renderlo 
liberamente accessibili su GenBank un banca dati specializzata ma 
aperta. Il libero accesso ai dati primari della ricerca è una questione 
etica, prima di tutto. Un'intervista alla studiosa è disponibile su 
Science alla URL http://www.sciencemag.org/cgi/content/full/314/5801/918.

I problemi per accedere ai r/esearch data/ sono numemrosi , ma 
teoricamente e in parte anche tecnologicamente risolvibili. E' quanto ha 
detto Peter Murray Rust, chimico dell'Universita' di Cambridge. Rust si 
è lamentato del fatto che molti dati primari inseriti nelle 
pubblicazioni scientifiche sono di fatto ineccassibili anche per i 
sottoscrittori degli abbonamenti. E' necessario, infatti chiedere 
un'autorizzazione all'editore per il loro riutilizzo. Per l'harvesting 
dei dati (un altro problema) nel campo della chimica sono state 
sviluppate tecniche di /text-mining /che riescono a riconoscere e a 
estrapolare l'80% dei dati dalle varie pubblicazioni scientifiche. 
Purche' siano ad accesso aperto, naturalmente. Altre criticità relative 
ai dati scientifici riguardano: l'eterogeneita' dei dati, la necessità 
di una loro descrizione standardizzata, l'adozione di una sorta di DOI 
per facilitare l'accesso ai contenuti, la sostenibilita' a lungo termine 
dei depositi digitali ecc.

Sul versante italiano, nella sessione dedicata, sono da segnalare i 
magistrali interventi di Fiorello Cortiana che ha discusso 
dell'interoperabilita' come un concetto cognitivo e culturale prima che 
tecnologico, di Carlos de Martin del Politecnico di Torino, che ha 
parlato, invece, delle nuove iniziative firmate Science Commons e cioe' 
il Biological Material Transfer Agreement Project 
http://sciencecommons.org/projects/licensing/ e Neurocommons 
http://sciencecommons.org/projects/data/ " an Open Source knowledge 
management platform for biological research" e di Antonella De Robbio 
che ha sottolineato come il concetto del Diritto di autore vada 
interpretato come "Diritto di accesso". Secondo la De Robbio le 
universita' italiane dovrebbero identificare in vari portatori di 
interessi e creare ed implementare delle Politiche di Gestione dei 
Diritti (Rights Management Policies) per sostenere la strada 
dell'accesso aperto.
Molto interessante, a detta dei colleghi, anche la relazione di Maria 
Chiara Pietavolo, che purtoppo, non ho potuto seguire di persona, nella 
sessione dedicata all'Accesso aperto nelle Scienze Umane. La Pietavolo 
(Universita' di Pisa) ha parlato di comunita' frammentate, riferendosi 
ovviamente a quelle umanistiche, a causa di una mancanza di 
comunicazione organica tra pari. La soluzione e' quella di ritornare 
alla "Corte di Atene" nella quale si combinavano liberta' di contenuti e 
comunita' di conoscenza. L'OA offre notevoli opportunita' quindi anche 
agli umanisti, purche' si adottino forme aperte di /peer-review/ (per 
quanto ne so, in realta', poco presente in campo umanistico).

Le conclusioni del convegno erano affidate ad Alma Swan. Alma e' una 
leggiadra, dolce signora - molto /british/- . Dolce, quanto ferma nel 
delineare tutte le possibili strategie a favore dell'Accesso Aperto. La 
Swan e' partita dalle Philosphical Transactions per affermare come nel 
Seicento avessero rappresentato un mezzo di comunicazione efficace per 
la comunicazione scientifica. Oggi l'OA ci offre un nuovo mezzo per 
rivoluzionare il paradigma della comunicazione scientifica. Bisogna 
promuoverlo un po' come si fa quando si vende un prodotto. Far capire la 
forza e l'efficacia dell'OA. Ricompensare gli /early adopters/, chiedere 
loro di fare conferenze di partecipare ai seminari, riconoscere il 
lavoro di quanti si adoperano giornalmente per la causa e la diffusione 
dell'accesso aperto ecc. Purtroppo le *slides* di Alma non sono ancora 
disponibli sul sito e vado a memoria.
Precisa e puntuale l'organizzazione. Ne va dato atto a Susanna Mornati e 
a Antonella De Robbio. Molto gradita anche la visita alla Cappella degli 
Scrovegni.
Non sono riusciuta ad essere molto sintetica, ma i temi affrontati nel 
convegno erano moltissimi e molto resta ancora da commentare.
Saluti a tutti
Maria Cassella


-- 
Maria Cassella
Università di Torino
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