[Oa-italia] Fwd: Rilievo su frasi del prof. Marcati
Maria Chiara Pievatolo
mariachiara.pievatolo a unipi.it
Lun 8 Ott 2018 01:06:05 CEST
On 07-10-2018 23:39, Alessandro Sarretta wrote:
> Ma scusami della domanda... per cosa ci si dovrebbe scusare? :-/
>
Per esserci lasciati trascinare in una discussione tossica finita in uno
scontro personale, il quale ha condotto anche a scrivere un messaggio
all'istituto presso cui l'interlocutore lavora. Credi che sia davvero
un buon modo per fargli cambiare idea?
Scusarsi, anche se si fosse responsabili dello scontro solo al 10%,
invitando a continuare il confronto in una sede strutturata più
civilmente - non Facebook, cioè - avrebbe potuto riportare la
discussione, sensatamente, sulle cose, anziché, insensatamente, sulle
persone. Allo stato, invece, questo scontro ha un solo vincitore -
Facebook - e molti perdenti: E.Giglia, P. Marcati e, soprattutto, l'open
access.
La posizione di Francesca Valentini, che interpreta se stessa come un
tecnico e dice che l'aspetto politico non le interessa e neppure le sta
particolarmente a cuore l'OA, mi sembra coerente e rispettabile.
Ma chi desidera promuovere una causa e ha ruoli istituzionali connessi
ad essa fa politica e deve confrontarsi con le responsabilità che le
sono legate. Deve chiedersi se arrivare a uno scontro personale così
duro con un ricercatore, dal quale dovrebbe farsi riconoscere come
alleato, sia davvero il miglior modo di convincerlo a praticare la
scienza aperta.
Mi spiego con una forse troppo lunga citazione dalla "Politica come
professione" di Max Weber. Gli asterischi sono miei.
-------------------
Si può dire che tre qualità sono soprattutto decisive per l’uomo
politico: passione, senso di
responsabilità, lungimiranza. Passione nel senso di Sachlichkeit:
dedizione appassionata a
una «causa», al dio o al demone che la dirige. [...] [Ma] la semplice
passione, per quanto autenticamente vissuta, non è ancora sufficiente.
Essa non crea l’uomo politico se, ***in quanto servizio per una «causa»,
non fa anche della
responsabilità nei confronti per l’appunto di questa causa la stella
polare decisiva dell’agire.***
Da ciò deriva la necessità – e questa è la qualità psicologica
fondamentale dell’uomo politico
– della lungimiranza, vale a dire della capacità di far agire su di sé
la realtà con calma e
raccoglimento interiore: dunque, la distanza tra le cose e gli uomini.
***La «mancanza di distanza», semplicemente in quanto tale, costituisce
uno dei peccati mortali di ogni uomo politico*** ed è una di quelle
qualità che, coltivate presso la nuova generazione dei nostri
intellettuali, li condannerà all’inettitudine politica. Il problema è
infatti proprio questo: come
si possono far convivere nella stessa anima un’ardente passione e una
fredda lungimiranza?
La politica si fa con la testa, non con altre parti del corpo o
dell’anima. E tuttavia la
dedizione a essa, se non deve essere un frivolo gioco intellettuale ma
un agire umanamente
autentico, può sorgere ed essere alimentata soltanto dalla passione. Ma
***quel saldo controllo
dell’anima*** che caratterizza l’uomo politico appassionato e lo
distingue dal mero dilettante
politico che «si agita in modo sterile» è possibile soltanto attraverso
l’abitudine alla distanza,
in tutti i sensi della parola. La «forza» di una «personalità» politica
significa in primissimo
luogo il possesso di tali qualità.
L’uomo politico deve dominare in se stesso, ogni giorno e ogni ora, un
nemico del tutto
banale e fin troppo umano: la vanità comune a tutti, la nemica mortale
di ogni dedizione a
una causa e di ogni distanza e, in questo caso, della distanza rispetto
a se stessi.
..............................
Le prime vittime della vanità - è noto - sono i professori, anche se la
capacità di prendere le distanze da se stesso dovrebbe anche essere una
dote del ricercatore che lavora per la verità.
Nel "Gorgia" Socrate riesce a "vincere" una discussione potenzialmente
tossica con quella che oggi sarebbe un'altezzosa academic star
presentandosi come un essere umano fallibile e interrompendo le ostilità
per stabilire assieme al suo interlocutore se la loro discussione si
svolge davvero su un terreno comune.
https://btfp.sp.unipi.it/dida/gorgia/ar01s03.xhtml#elenchos
La mossa con cui Socrate prende le distanze da se stesso e dalla
discussione è una mossa certamente "politica", ma in un senso più vicino
a quello di Weber che a quello dispregiativo che viene associato spesso
alla parola. A me sembra che lo scontro di cui stiamo parlando abbia
bisogno di una simile presa di distanze.
Buonanotte, e scusatemi per le lunghe citazioni. Sono, come sapete,
professore :-)
MCP
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