[Oa-italia] R: lavorare con i pre-print - quanto potrebbero essere diversi dai post-print ?

Giovanni Salucci salucci a gmail.com
Ven 16 Mar 2018 09:11:09 CET


Buongiorno

 

lo studio  originale alla base dell'articolo suggerito da Elena Giglia

è oggetto di controversia e ritenuto da alcuni del tutto inaffidabile: si veda ad esempio 

https://scholarlykitchen.sspnet.org/2018/03/15/a-comment-on-klein-et-als-comparing-articles-to-preprints/

 

tornando alla questione dei preprint, credo che alla base di tanti fraintendimenti ci sia una mutazione in atto 

nel concetto stesso di pre-print, come già introdotto da Paola Galimberti

e da Elena Giglia in alcuni  interventi precedenti in questa stessa discussione.

 

Si intende per preprint la versione originale (cioè quella dell'autore) di un articolo

inviato ad una rivista per la valutazione? 

oppure

si intende per preprint la versione "non editoriale" di un articolo, ma che già

è stata sottoposta a peer review e quindi del tutto equivalente alla versione che poi sarà pubblicata,

al netto di interventi editoriali? 

Oppure

Si intende per preprint la pubblicazione in anteprima di un contributo scientifico

che l'autore fa per ottenere commenti e pareri, senza che questa si astata ancora inviata a nessuna rivista?

Oppure

Si intende per preprint già la versione pubblicata di un articolo nel modello "post peer review"

e quindi in attesa di essere sottoposto alla peer review?

Oppure.....

 

E' evidente che molta della confusione è generata dai diversi preprint server

che esistono (e che stanno sorgendo) ognuno con "proprietari",  modelli economici, 

criteri di ammissione e regole di gestione molto differenti da caso a caso

 

In tutti i casi, ritengo che la battaglia sia a livello di Peer-Review, cioè

se davvero si possa continuare a considerare il modello attuale

come unico modello affidabile per garantire la scientificità degli articoli.

 

 

 

 

Da: OA-Italia [mailto:oa-italia-bounces a openarchives.it] Per conto di Elena Giglia
Inviato: mercoledì 14 marzo 2018 18:18
A: Maria Chiara Pievatolo; Lista di discussione su temi relativi all'accesso aperto
Oggetto: Re: [Oa-italia] lavorare con i pre-print - quanto potrebbero essere diversi dai post-print ?

 

Ecco un altro contributo sul tema pre-postprint come output tradizionali, che credo riprenda gli articoli gia' citati (ma ho letto troppo velocemente)...

mi piaceva la conclusione
" What the research shows is that when it comes to academic publishing, as in many other spheres, all that glitters is not gold: humble preprints turn out to be almost identical to the articles later published in big-name journals, but available sooner, and much more cheaply"
Glynn Moody, Techdirt 14 March 2018
Research Shows That Published Versions Of Papers In Costly Academic Titles Add Almost Nothing To The Freely-Available Preprints They Are Based On <https://www.techdirt.com/articles/20180308/03225939387/research-shows-that-published-versions-papers-costly-academic-titles-add-almost-nothing-to-freely-available-preprints-they-are.shtml> 

Buona serata

 

Il giorno 7 marzo 2018 17:53, Maria Chiara Pievatolo <mariachiara.pievatolo a unipi.it> ha scritto:

On 07-03-2018 14:02, Paola Galimberti wrote:

In questo senso anche il termine pre-print non funziona più.
pre-print presuppone che ci sia un post-print.
Mentre nella infrastruttura descritta da Brembs le pubblicazioni sono un
qualcosa in divenire che appaiono in diverse versioni successive che
dipendono dal punto in cui la conversazione con la comunità scientifica
(open peer review) è giunto.


La stampa (*), in passato, e la valutazione di stato, adesso, ci hanno abituato a lavorare con *prodotti* cristallizzati una volta *licenziati* per le stampe.  Come scriveva anche Guédon nel testo da me segnalato nel messaggio precedente, in rete non abbiamo nessun bisogno di imitarla, e possiamo ritornare ai *processi*, come nell'età della cultura manoscritta (http://bfp.sp.unipi.it/chiara/lm/aib_2005.html#quicksand) - disponendo, fra l'altro, di strumenti di versioning assai più efficienti di quelli degli antichi filologi, che dovevano spostarsi fisicamente di biblioteca in biblioteca.

Si veda per esempio H. van der Sompel, Scholarly Communication: Deconstruct & Decentralize? https://www.youtube.com/watch?v=o4nUe-6Ln-8

Un saluto,
MCP

(*)  O, meglio,  la stampa come si è attestata nella storia contemporanea.


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Maria Chiara Pievatolo
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