[Oa-italia] lavorare con i pre-print - quanto potrebbero essere diversi dai post-print ?
Alessandro Sarretta
alessandro.sarretta a gmail.com
Mer 7 Mar 2018 13:04:01 CET
Grazie Luigi per la questione posta (e per la citazione :-)) e Elena per
i contributi sempre ricchi ed interessanti.
On 07/03/2018 12:22, Elena Giglia wrote:
> Buongiorno Luigi
> in realta', credo che la questione sia un po' piu' complessa.
> 1) Noi siamo abituati a pensare al preprint come una delle possibili
> forme consentite per il deposito in Open Access, e in quest'ottica a
> pensarlo come il primo step verso la pubblicazione finale.
> Su questo, ricordo che tempo fa era uscita una nota molto polemica che
> dimostrava appunto come in realta' le modifiche rispetto alla versione
> pubblicata fossero cosi' marginali da far chiedere all'autore: ma
> allora, il ruolo dei reviewers e sopratutto degli editori - che poi
> impediscono di depositare il "loro" prodotto finale, ossia il pdf
> editoriale - qual e'? Ecco l'articolo: https://arxiv.org/abs/1604.05363
Proprio qualche giorno fa ho intercettato questo recente paper sul tema:
"Comparing published scientific journal articles to their pre-print
versions" (https://link.springer.com/article/10.1007/s00799-018-0234-1).
Non ho letto l'articolo in modo approfondito, ma in sostanza hanno fatto
un'analisi simile a quanto proponeva Luigi, evidenziando che i testi da
pre-print a final paper generalmente variano poco.
> Credo che valga la pena approfondire questo aspetto dei preprint, e
> non restare legati al nostro "vecchio" concetto di step 1 della
> pubblicazione finale.
> Personalmente, ritengo che abbiano un potere molto piu' "disruptive"
> del Gold OA, che in parte non fa che perpetuare le logiche
> monopolistiche degli editori commerciali (vedi tutte le critiche alla
> proposta Max Planck).
Concordo pienamente con quanto suggerisce Elena.
Un grosso cambiamento sarebbe possibile se ci si riappropriasse del
processo scientifico di validazione/valutazione della qualità (che cmq
già ora viene fatto dai ricercatori, non dai publisher), attraverso
piattaforme aperte di pre-pubblicazione, revisione, miglioramento dei
prodotti della ricerca.
Questo è ostacolato secondo me in primo luogo da processi di valutazione
dei ricercatori, degli istituti/università e della ricerca in generale
che sono ancora troppo legati a criteri "vecchi" che si stanno
dimostrando inadeguati (journal impact factor e valutazioni alla ANVUR
in primis). Questo si porta dietro negativamente molto altro...
>
> Il giorno 6 marzo 2018 17:06, Siciliano Luigi
> <Luigi.Siciliano a unibz.it <mailto:Luigi.Siciliano a unibz.it>> ha scritto:
>
>
> Ora, se si sostiene che si può fare riferimento a un testo in
> pre-print in una bibliografia di un lavoro scientifico, si ritiene
> implicitamente che le modifiche eseguite dopo la peer review siano
> marginali se non formali. Non dovrebbe darsi cioè, citando un
> pre-print o una parte di esso, di costruire un ragionamento
> scientifico su un assunto che invece non sia presente nel
> post-print, o che nel post-print sia stato corretto o modificato
> in maniera importante.
>
> Questo assunto non mi pare affatto banale. Non so dire quanto
> spesso, ma può capitare che l’accettazione dei papers, per esempio
> in alcune conferenze, sia vincolata all’effettuazione di alcune
> correzioni o approfondimenti. E allora quanto, in realtà, il
> contenuto di un pre-print può essere diverso dal lavoro finale?
> Può capitare che una conclusione affrettata o alcuni errori siano
> presenti in un pre-print e questo infici il lavoro del ricercatore
> che proprio a queste conclusioni o dati erronei (poi corretti nel
> post-print) faccia riferimento?
>
su questo mi sento di fare una puntualizzazione/approfondimento.
Secondo me il pre-print ha due grandi pregi:
* permette di anticipare l'uscita di idee e risultati della ricerca,
evitando di attendere i talvolta lunghi percorsi di pubblicazione
formale/standard;
* permette a chiunque, in modo libero (nel senso pieno di "libre", se
viene associata una licenza adeguata, e.g. CC-BY) di accedere,
consultare e riutilizzare dei contenuti di ricerca
Una buona pratica nell'utilizzo dei preprint credo debba includere
l'aggiornamento dei riferimenti a successive versioni (post-print e
paper finale) se/quando disponibili e la consapevolezza di quanto
evidenzia Luigi, cioè che ci possano essere contenuti incorretti (questo
è però vero anche per paper finali passati sotto la revisione—quasi
sempre anonima—di 2-3 revisori!).
*Se un final paper ancora non esiste*, la citazione di pre-print in un
lavoro secondo me è comunque positiva, perché permette di ragionare su
spunti di ricerca nuovi che altrimenti semplicemente non potrebbero
essere inclusi perché non accessibili. Riguardo alla qualità di un
pre-print, sta anche alla responsabilità di ogni ricercatore basare le
proprie ricerche con consapevolezza su lavori sui quali si è fatta una
certa analisi personale di qualità.
*Se un final paper esiste*, ma ci si è basati fino a quel punto su una
versione pre-print perché non si aveva la possibilità di accedere al
finale, credo sia buona pratica cercare di ottenere una copia del paper
finale chiedendo direttamente all'autore oppure tramite qualche servizio
bibliotecario. Credo possa essere uno sforzo che però permette di
eventualmente "correggere" alcuni degli errori che evidenziava Luigi.
Finisco con il dire che potrebbe essere buona abitudine, se si chiede
direttamente a qualche autore copia di un paper, suggerire anche di
caricare in un repository aperto il pre-print e (se i tempi di embargo
sono trascorsi) anche il post-print, cosicché tutti possano in seguito
beneficiarne.
m2c
Ale
P.S. ah, non è stato citato qui, ma va sempre bene ricordarlo...
evitiamo per favore di considerare ResearchGate come il luogo ideale per
condividere i risultati delle nostre ricerche :-)
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Alessandro Sarretta
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