[Oa-italia] Perchè academia.edu e research.gate NON sono un OA repository e non rispondono alle policy OA

Roberto Caso roberto.caso a unitn.it
Gio 19 Maggio 2016 11:26:38 CEST


Cara Antonella,
d’accordissimo con te.
Ma non capisco cosa intendi alla fine per riallineamento rischioso ma inevitabile.

Il problema mi sembra anche più complesso.
Chi ha promosso l’OA no-profit (quelli che lo hanno capito) non era d’accordo sulle policy e ha sottovalutato la capacità di reazione del mercato.
Lentezza dei processi decisionali, incapacità di cogliere, prevedere e costruire gli sviluppi tecnologici, litigi tra le varie anime del movimento, assenza di una politica OA nella proprietà intellettuale, mancanza di investimenti economici ed organizzativi, e soprattutto politiche valutative frontalmente contrarie all’apertura hanno aperto la strada ai nuovi barbari.

Quanto al problema dei due layers (livelli) di conoscenza, si potrebbe riflettere anche intorno ai due livelli etici. Perché gli scienziati appaiano disinteressati al vero OA, mentre bibliotecari e scienziati dell’informazione più attenti? A questo quesito ho provato a dare una risposta in altre sedi:
https://iris.unitn.it/handle/11572/142760

Se si volesse davvero contrastare l’avanzata dei nuovi barbari, ci sarebbero le risorse economiche e intellettuali per farlo.
Manca la volontà politica (negli stati) e l’etica presso gli scienziati.
Ma noi non ci scoraggiamo e continuiamo a sperare, ad esempio insegnando alle nuove generazioni di scienziati (e non solo).

A presto,
roberto

 
_____________________________
Roberto Caso
Professore Associato di Diritto Privato Comparato
Università di Trento - Facoltà di Giurisprudenza
http://www5.unitn.it/People/it/Web/Persona/PER0000633
http://www.lawtech.jus.unitn.it/index.php/people/roberto-caso
_____________________________
Presidente
dell’Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA)
Via Della Saluga, 40
38121 - Trento - Italia
http://aisascienzaperta.org/







Il giorno 19/mag/2016, alle ore 11:05, Antonella De Robbio <antonella.derobbio a unipd.it> ha scritto:

> 
> E' da tempo che vado sostenendo (sia nei miei interventi pubblici, sia nelle lezioni che tengo) che piattaforme del tipo Academia.edu e Researchagate non sono Open Access, che le differenze ci sono e sono notevoli. Ma vedo che autori (numerosi docenti) che si dichiarano pro-OA depositano sistematicamente in questi network e disertano magari i loro archivi istituzionali. 
> Le ragioni ci sono e sono evidenti. In primis il carattere internazionale di tali piattaforme, la maggiore visibilità, la facilità d'uso nella condivisione, il potenziale impatto dovuto agli indicatori tipo Altmetrics... tutte funzionalità che mancano ai nostri archivi istituzionali, percepiti come luoghi "provinciali" e funzionali solo a questioni amministrative... 
> Ma relativamente ai problemi correlati al copyright, di cui dice Marchitelli, non è che in queste piattaforme non ci siano, ci sono anche in questi ambienti, se vi ricordate un paio di anni fa ci fu una guerra tra potenti proprio centrata sul copyright (ne ho parlato nel mio intervento a Messina nel novembre 2014). Ci fu un dibattito vivacissimo nelle comunità OA, scaturito proprio dal fatto che Elsevier aveva diffidato istituzioni accademiche e gestori di reti sociali e chiesto la rimozione delle versioni PDF finali editoriali non autorizzate di articoli scientifici, caricati nei siti web di università e nei repository di comunità sociali come Academia.edu.  L'azione suscitò un vero e proprio vespaio: da Twitter partì una campagna di denuncia che fece il giro del globo. Va ricordato che poco tempo prima Elsevier aveva comperato Mendeley, il social network concorrente a Academia.edu, di cui uno dei primi investitori fu il giornalista e politico oltre che ex Governatore della Banca d'Inghilterra Rupert Pennant-Rea, presidente del gruppo The Economist. Poco dopo The Economist ha pubblicato un articolo dall'eloquente titolo "Vietato sbirciare", dove si denuncia il comportamento rigido e autoritario di Elsevier.
> In altri termini si tratta di guerre tra potenti.
> Per dire che i big stanno - ormai da tempo - percorrendo le vie dell'Open Access da una parte imboccando la via rossa (falso gold!) dall'altra usando piattaforme commerciali avversarie apparentemente con contenuti open (ma non OA) per rafforzare il loro establishment.
> Il problema sta - IMHO - nel non aver compreso il vero significato dell'Open Access. Tutti ormai sanno (o credono di sapere) cosa significhi OA ma la verità è che non c'è stato in questi 20 anni un salto di qualità nell'evoluzione delle conoscenze dei processi e delle possibili strategie. In altri termini si è banalizzato il concetto di OA. Quindi gran parte della popolazione docente (autori) pur essendo pro- OA (e questo è un bene) ha però cognizioni superficiali. Una minoranza (pochi autori, ma molti bibliotecari e professionisti dell'informazione) ha idee chiare, ma spesso è visto come "talebano dell'OA" .
> Insomma ci sono due layers di competenze e il business agisce fortemente nello strato superficiale, la massa. 
> Penso che ci vorrà tempo affinché il gap sia colmato. Penso anche che comunque queste manovre in cui i big entrano nell'OA proponendo modelli di OAsurrogato se da una parte presentano dei rischi dall'altra comporteranno un riallineamento dei processi entro la catena della comunicazione scientifica, è inevitabile.
> Grazie a tutti
> Antonella De Robbio
> 
> 
> 
> Il giorno 27 gennaio 2016 12:33, Andrea Marchitelli <a.marchitelli a cineca.it> ha scritto:
> Ciao,
> l'open access prevede che cio' che viene finanziato con fondi pubblici al pubblico ritorni.
> 
> Academia.edu e researchgate prendono cioe' che e' finanziato con fondi pubblici per fare un business privato:
> "We've raised $17.7 million from a range of investors"
> https://www.academia.edu/about
> 
> Non credo che questo aspetto possa essere taciuto quando si dice che questi progetti danno "seriamente e concretamente accesso alla letteratura scientifica".
> Tanto per fare un esempio su un tema che ci accalora, pensiamo che academia.edu permetta il datamining?
> 
> Insomma, complimenti per l'idea di business (che sicuramente funziona, quella si) ma non certo per il servizio fornito alla comunita' dei ricercatori che usa quelle fonti, a mio avviso, perche' li' carica e scarica, senza troppa attenzione ai diritti, quello che vuole.
> 
> Quindi mi pare che si usino due pesi e due misure; da una parte l'OA deve essere giustamente rispettoso di regole e diritti di tutti e fare il "duro e puro" (penso al dibattito su Berlin12) ma poi noi stessi diciamo che i ricercatori fanno bene a usar quello strumento che funziona bene (anche se ancora non mi e' affatto chiaro in che cosa funzioni "bene" se non nell'aver dentro piu' "roba").
> 
> andrea
> 
> --
>  Andrea Marchitelli
>  Area servizi Musei Archivi Biblioteche
>  Cineca - Sede operativa di Roma
>  Via dei Tizii, 6/b - 00185 Roma, Italy
>  tel. +39 0644486525 - cell. +39 340 4027156 - http://www.cineca.it
> 
> ----- Messaggio originale -----
> Da: "Elena Giglia" <elena.giglia a unito.it>
> A: "Lista di discussione su temi relativi all'accesso aperto" <oa-italia a openarchives.it>
> Inviato: Mercoledì, 27 gennaio 2016 12:19:29
> Oggetto: Re: [Oa-italia]        Perchè academia.edu e research.gate NON sono un OA repository e non rispondono alle policy OA
> 
> 
> 
> 
> 
> Appunto, Andrea.
> E' vero: hanno successo perche' sono riusciti a costruire servizi - apprezzati dai ricercatori.
> 
> I nostri repositories invece stanno fuori dal workflow e dalle pratiche quotidiane.
> 
> Ne ho parlato con Herbert Van de Sompel all'ultimo OAI a Ginevra a giugno, e' d'accordo, ma chissa' se mai si trovera' una soluzione. Anzi la sua battuta e' stata: non ve ne ho gia' trovate abbastanza?
> 
> Quindi forse tocca a voi "geek".
> 
> elena
> 
> 
> 
> 
> 
> 
> 
> Il giorno 27 gennaio 2016 12:10, Andrea Zanni < zanni.andrea84 a gmail.com > ha scritto:
> 
> 
> 
> 
> 
> 
> Nonostante sia molto d'accordo,
> mi pare abbastanza indubbio che quei progetti siano riusciti a dove il "vero" OA ha fallito (IMHO), cioè nel dare seriamente e concretamente "accesso" alla letteratura scientifica.
> Se gli autori sono contenti così e riescono ad accedere a quello che cercano, credo sia meglio che il contrario.
> 
> Andrea
> 
> 
> 
> 
> 
> 
> 
> 
> 2016-01-27 11:53 GMT+01:00 Alessandro Sarretta < alessandro.sarretta a gmail.com > :
> 
> 
> 
> Oh ottimo Paola, grazie!
> Non ho ancora letto nel dettaglio ma so già che condividerò :-)
> Una delle cose di cui sono convinto è che questi repository, pur costituendo ottime arene di potenziale confronto e scambio, in realtà corrono il rischio di diventare delle aree di "mercato nero" delle pubblicazioni solamente perché è più facile far finta di fregarsene dei vincoli che si firmano (e i diritti che si cedono più o meno consapevolmente) all'atto di pubblicare un paper in molti Journal non OA.
> In questo senso, invece di agevolare, rischiano di ostacolare un accesso veramente aperto alla conoscenza scientifica, perché "nascondono" un problema che invece rimane per tutto il resto del mondo al di fuori di tali research social networks.
> 
> Ale
> 
> 
> 
> 
> 
> On 27/01/2016 11:45, Paola Gargiulo wrote:
> 
> 
> 
> 
> Da leggere, soprattutto da far circolare tra i ricercatori!
> 
> Paola
> 
> 
> L'Office of Scholarly Communication dell'Università della California per fare chiarezza ai propri ricercatori che ritenevano erroneamente che depositando gli articoli nelle due piattaforme avevano assolto agli obblighi delle politiche OA dell'Università della California ha redatto un post nel dicembre scorso sull'argomento.
> Nel post redatto da Katie Fortney e Justin Gonder della California Digital Library si descrivono brevemente i repository OA, le due piattaforme, si evidenziano le differenze (anche un breve grafico), le finalità diverse, i punti di forza e di debolezza di ciascuna soluzione, le ragioni per le quali soluzioni come Academia.edu e Research.gate, pur presentando servizi utili non vadano confusi con l'archivio istituzionale o disciplinare gestito da istituzioni o organizzazioni non a scopo di lucro e soprattutto non soddisfano i requisiti OA dell'Università della California.
> 
> http://osc.universityofcalifornia.edu/2015/12/a-social-networking-site-is-not-an-open-access-repository/
> 
> Segue un commento di Katie Fortney della California Digital Library in cui risponde al thread http://listserv.crl.edu/wa.exe?A1=ind1601&L=LIBLICENSE-L&F=&S=&O=T&H=1&D=0&T=1#6 che si è aperto su lib-license da qualche giorno
> 
> -------- Messaggio Inoltrato --------
> Oggetto:        Re: A social networking site is not an open access repository
> Data:   Tue, 26 Jan 2016 20:48:31 -0500
> Mittente:       LIBLICENSE <liblicense a GMAIL.COM>
> Rispondi-a:     LibLicense-L Discussion Forum <LIBLICENSE-L a LISTSERV.CRL.EDU>
> A:      LIBLICENSE-L a LISTSERV.CRL.EDU
> 
> From: Katie Fortney <Katie.Fortney a ucop.edu> Date: Tue, 26 Jan 2016 21:37:36 +0000
> 
> Hi Rick,
> 
> That blog post links to and excerpts a post that Justin Gonder and I
> wrote in December. We wrote it because yes, some of our authors do
> believe that social networking sites count as open access
> repositories. When they hear that they can participate in UC’s OA
> policies either by depositing in eScholarship (our repository) or by
> just giving us a link to where their article is available in another
> open access repository like arXiv or PMC, they ask, “It’s in
> Academia.edu. That counts, right?”
> 
> No, they don’t have to choose between the two. But our post was an
> attempt to explain a) why Academia.edu doesn’t count for compliance
> with UC’s Open Access policies and b) the relative strengths,
> functions, and drawbacks of each option in general. Because “What do
> you think of ResearchGate?” is another one we get a lot.
> 
> Our post is here: http://osc.universityofcalifornia.edu/2015/12/a-social-networking-site-is-not-an-open-access-repository/ Cheers,
> 
> Katie
> 
> Katie Fortney, J.D., M.L.I.S.
> Copyright Policy & Education Officer
> California Digital Library
> 415 20th Street, 4th Floor
> Oakland, CA 94612
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