[Oa-italia] Perchè academia.edu e research.gate NON sono un OA repository e non rispondono alle policy OA

Roberto Caso roberto.caso a unitn.it
Gio 28 Gen 2016 07:19:49 CET


Discussione interessante.
Tema complesso.
Provo a svolgere alcune semplici e provocatorie considerazioni.
1) Internet, OA rapporti tra stato, comunità scientifica e mercato.
2) Violazione del copyright.
3) Etica e progresso.

1) Internet, OA rapporti tra stato, comunità scientifica e mercato. Ci stiamo accorgendo che nel mondo della scienza in Rete e dell’OA sta accadendo quello che è accaduto già da molto tempo a Internet. Il ruolo degli attori commerciali e del profitto diventa sempre più importante. Non c’era da meravigliarsi. Ma la domanda di fondo è possiamo fare a meno del mercato e del profitto su Internet? Forse sì, ma dovremmo cambiare la nostra società e i suoi fondamenti economici. Oggi scopriamo quasi con meraviglia che Academia.edu vuole fare profitto sulle “nostre” pubblicazioni. Ohibò! Ma non dovevamo prima chiederci se Google rappresenta una delle più importanti porte di accesso ai nostri repositories? E Google agisce per beneficenza? Dunque vanno benissimo la conoscenza, la consapevolezza e lo spirito critico verso i social network scientifici, ma non perdiamo la visione d’insieme. 

2) Violazione del copyright. Academia.edu e ResearchGate sono meno attenti dei repostiories istituzionali al rispetto del copyright. Ma chi è attento al rispetto del copyright? I singoli ricercatori o le istituzioni  come le università e le biblioteche? Facile risposta, le seconde perché sono maggiormente integrate nel sistema statale e più esposte. I ricercatori spesso violano il copyright per motivi meschini o per nobili ragioni (v. Aaron Swartz). Un dettaglio: la pratica di scambiarsi i file via email non salva di per sé dalla violazione del copyright. Se l’autore è legato a un contratto che impedisce la distribuzione e la comunicazione, lo scambio via email è violazione del copyright. L’unica differenza rispetto a uno scambio su un social network è nel fatto che lo scambio è meno visibile.

3) Etica e progresso. In questa storia abbiamo fatto un’altra scoperta clamorosa. Ohibò!Ohibò! Abbiamo scoperto che molti scienziati pensano più alla propria visibilità e al proprio successo (contemplano con soddisfazione o frustrazione i rankings generati da Academia, RG, SSRN ecc. ecc.) che alla ricerca della verità. Insomma non sono molto diversi da coloro che usano i social networks generalisti per mera vanità. Anzi forse sono peggio (visto quel che si legge su plagio, falsificazione dei dati, reti citazionali costruite ad hoc ecc.). E abbiamo anche scoperto che su Academia.edu & C. violano allegramente il copyright, ma magari non sanno nemmeno esattamente cos’è il copyright e magari non sanno chi era Aaron Swartz e non si sognano nemmeno di fare una battaglia pubblica per cambiare la legge sul copyright. Ma allora potremmo approfondire la cosa e chiederci: le università che ospitano i nostri cari repositories istituzionali hanno mai fatto vere battaglie per cambiare in meglio la legge del copyright? E le università cosa stanno facendo sul piano della valutazione, alimentano comportamenti virtuosi, spingono alla cooperazione e alla solidarietà? Non è che abbiamo un’idea “romantica” della comunità scientifica, dei ricercatori e delle istituzioni accademico-scientifiche? La commercializzazione della ricerca scientifica e l’esasperata competizione indotta dall’ideologia imperante sta iniettando massicce dosi di veleno nel mondo scientifico e accademico. Ma il male è antico e profondo. E l’odierna forza di resistenza nulla. Oggi ci accorgiamo che Academia.edu fa “concorrenza sleale” ai nostri cari bravi vecchi repositories senza scopo di profitto, ma anche prima dell’ingresso dei social network scientifici nella concorrenza tra OA e canali di pubblicazioni ad accesso chiuso (per profitto) vincevano i secondi. Ma poi potremmo andare anche oltre e chiederci se un domani le università avranno il controllo fisico dei data center che ospitano i repositories istituzionali. In altri termini, non c’è il pericolo che in ragione della “razionalizzazione” e della “spending review” si esternalizzino le infrastrutture che custodiscono i dati scientifici?

Il rischio maggiore - che ho più volte denunciato pubblicamente - è che nel mondo dell’accesso aperto si ricreino posizioni oligopolistiche, addirittura più forti del passato. C’è il rischio che il pluralismo dei luoghi di comunicazione e di uso pubblico della ragione si riduca. 
Come diceva uno dei cattivi più riusciti della storia del cinema: "infinite cose da fare… e così poco tempo” ;)

A presto,
Roberto


Il giorno 27/gen/2016, alle ore 13:17, Paola Galimberti <paola.galimberti a unimi.it> ha scritto:

> Sono molto d'accordo con quanto dici Andrea (Marchitelli), e oltre a suggerire la lettura attenta del post dei colleghi americani che mettono a confronto le diverse caratteristiche degli strumenti vi consiglio di leggere il post di questo ricercatore dell'università di Amsterdam dal titolo suggestivo  Upon leaving academia.edu. http://mittelalter.hypotheses.org/7123 che fa il punto dopo la pubblicazione del suo post su academia del 22 novembre 2015:  ha fatto abbastanza rumore nelle diverse liste che trattano di queste tematiche.
> Saluti
> Paola
> 
> Il giorno 27 gennaio 2016 12:33, Andrea Marchitelli <a.marchitelli a cineca.it> ha scritto:
> Ciao,
> l'open access prevede che cio' che viene finanziato con fondi pubblici al pubblico ritorni.
> 
> Academia.edu e researchgate prendono cioe' che e' finanziato con fondi pubblici per fare un business privato:
> "We've raised $17.7 million from a range of investors"
> https://www.academia.edu/about
> 
> Non credo che questo aspetto possa essere taciuto quando si dice che questi progetti danno "seriamente e concretamente accesso alla letteratura scientifica".
> Tanto per fare un esempio su un tema che ci accalora, pensiamo che academia.edu permetta il datamining?
> 
> Insomma, complimenti per l'idea di business (che sicuramente funziona, quella si) ma non certo per il servizio fornito alla comunita' dei ricercatori che usa quelle fonti, a mio avviso, perche' li' carica e scarica, senza troppa attenzione ai diritti, quello che vuole.
> 
> Quindi mi pare che si usino due pesi e due misure; da una parte l'OA deve essere giustamente rispettoso di regole e diritti di tutti e fare il "duro e puro" (penso al dibattito su Berlin12) ma poi noi stessi diciamo che i ricercatori fanno bene a usar quello strumento che funziona bene (anche se ancora non mi e' affatto chiaro in che cosa funzioni "bene" se non nell'aver dentro piu' "roba").
> 
> andrea
> 
> --
>  Andrea Marchitelli
>  Area servizi Musei Archivi Biblioteche
>  Cineca - Sede operativa di Roma
>  Via dei Tizii, 6/b - 00185 Roma, Italy
>  tel. +39 0644486525 - cell. +39 340 4027156 - http://www.cineca.it
> 
> ----- Messaggio originale -----
> Da: "Elena Giglia" <elena.giglia a unito.it>
> A: "Lista di discussione su temi relativi all'accesso aperto" <oa-italia a openarchives.it>
> Inviato: Mercoledì, 27 gennaio 2016 12:19:29
> Oggetto: Re: [Oa-italia]        Perchè academia.edu e research.gate NON sono un OA repository e non rispondono alle policy OA
> 
> 
> 
> 
> 
> Appunto, Andrea.
> E' vero: hanno successo perche' sono riusciti a costruire servizi - apprezzati dai ricercatori.
> 
> I nostri repositories invece stanno fuori dal workflow e dalle pratiche quotidiane.
> 
> Ne ho parlato con Herbert Van de Sompel all'ultimo OAI a Ginevra a giugno, e' d'accordo, ma chissa' se mai si trovera' una soluzione. Anzi la sua battuta e' stata: non ve ne ho gia' trovate abbastanza?
> 
> Quindi forse tocca a voi "geek".
> 
> elena
> 
> 
> 
> 
> 
> 
> 
> Il giorno 27 gennaio 2016 12:10, Andrea Zanni < zanni.andrea84 a gmail.com > ha scritto:
> 
> 
> 
> 
> 
> 
> Nonostante sia molto d'accordo,
> mi pare abbastanza indubbio che quei progetti siano riusciti a dove il "vero" OA ha fallito (IMHO), cioè nel dare seriamente e concretamente "accesso" alla letteratura scientifica.
> Se gli autori sono contenti così e riescono ad accedere a quello che cercano, credo sia meglio che il contrario.
> 
> Andrea
> 
> 
> 
> 
> 
> 
> 
> 
> 2016-01-27 11:53 GMT+01:00 Alessandro Sarretta < alessandro.sarretta a gmail.com > :
> 
> 
> 
> Oh ottimo Paola, grazie!
> Non ho ancora letto nel dettaglio ma so già che condividerò :-)
> Una delle cose di cui sono convinto è che questi repository, pur costituendo ottime arene di potenziale confronto e scambio, in realtà corrono il rischio di diventare delle aree di "mercato nero" delle pubblicazioni solamente perché è più facile far finta di fregarsene dei vincoli che si firmano (e i diritti che si cedono più o meno consapevolmente) all'atto di pubblicare un paper in molti Journal non OA.
> In questo senso, invece di agevolare, rischiano di ostacolare un accesso veramente aperto alla conoscenza scientifica, perché "nascondono" un problema che invece rimane per tutto il resto del mondo al di fuori di tali research social networks.
> 
> Ale
> 
> 
> 
> 
> 
> On 27/01/2016 11:45, Paola Gargiulo wrote:
> 
> 
> 
> 
> Da leggere, soprattutto da far circolare tra i ricercatori!
> 
> Paola
> 
> 
> L'Office of Scholarly Communication dell'Università della California per fare chiarezza ai propri ricercatori che ritenevano erroneamente che depositando gli articoli nelle due piattaforme avevano assolto agli obblighi delle politiche OA dell'Università della California ha redatto un post nel dicembre scorso sull'argomento.
> Nel post redatto da Katie Fortney e Justin Gonder della California Digital Library si descrivono brevemente i repository OA, le due piattaforme, si evidenziano le differenze (anche un breve grafico), le finalità diverse, i punti di forza e di debolezza di ciascuna soluzione, le ragioni per le quali soluzioni come Academia.edu e Research.gate, pur presentando servizi utili non vadano confusi con l'archivio istituzionale o disciplinare gestito da istituzioni o organizzazioni non a scopo di lucro e soprattutto non soddisfano i requisiti OA dell'Università della California.
> 
> http://osc.universityofcalifornia.edu/2015/12/a-social-networking-site-is-not-an-open-access-repository/
> 
> Segue un commento di Katie Fortney della California Digital Library in cui risponde al thread http://listserv.crl.edu/wa.exe?A1=ind1601&L=LIBLICENSE-L&F=&S=&O=T&H=1&D=0&T=1#6 che si è aperto su lib-license da qualche giorno
> 
> -------- Messaggio Inoltrato --------
> Oggetto:        Re: A social networking site is not an open access repository
> Data:   Tue, 26 Jan 2016 20:48:31 -0500
> Mittente:       LIBLICENSE <liblicense a GMAIL.COM>
> Rispondi-a:     LibLicense-L Discussion Forum <LIBLICENSE-L a LISTSERV.CRL.EDU>
> A:      LIBLICENSE-L a LISTSERV.CRL.EDU
> 
> From: Katie Fortney <Katie.Fortney a ucop.edu> Date: Tue, 26 Jan 2016 21:37:36 +0000
> 
> Hi Rick,
> 
> That blog post links to and excerpts a post that Justin Gonder and I
> wrote in December. We wrote it because yes, some of our authors do
> believe that social networking sites count as open access
> repositories. When they hear that they can participate in UC’s OA
> policies either by depositing in eScholarship (our repository) or by
> just giving us a link to where their article is available in another
> open access repository like arXiv or PMC, they ask, “It’s in
> Academia.edu. That counts, right?”
> 
> No, they don’t have to choose between the two. But our post was an
> attempt to explain a) why Academia.edu doesn’t count for compliance
> with UC’s Open Access policies and b) the relative strengths,
> functions, and drawbacks of each option in general. Because “What do
> you think of ResearchGate?” is another one we get a lot.
> 
> Our post is here: http://osc.universityofcalifornia.edu/2015/12/a-social-networking-site-is-not-an-open-access-repository/ Cheers,
> 
> Katie
> 
> Katie Fortney, J.D., M.L.I.S.
> Copyright Policy & Education Officer
> California Digital Library
> 415 20th Street, 4th Floor
> Oakland, CA 94612
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