[Oa-italia] Digest di OA-Italia, Volume 112, Numero 3

monica.marra a oabo.inaf.it monica.marra a oabo.inaf.it
Mer 13 Gen 2016 09:38:20 CET


Considerazioni a mio avviso molto valide, che potrebbero utilmente
suscitarne altre. Come gia' si notava, la chiave e' diventata la
valutazione e le sue modalita'.

Saluti,

MM


Il Mar, 12 Gennaio 2016 18:04, Stefano Salvia ha scritto:
> Condivido in pieno le perplessità e preoccupazioni sopra esposte.
>
> La proposta berlinese lascia irrisolte parecchie questioni, in particolare
> non sembra considerare altra modalità di OA al di fuori del Gold puro e
> semplice in mano agli editori commerciali tradizionali. Non si parla
> di "Fair Gold" se non nella misura in cui si prevede che "a regola" siano
> le istituzioni e/o i gruppi di ricerca a coprire le APC (che definire
> "esose" è francamente eufemistico, visto che si parla in media di 2000
> euro
> ad articolo, ovvero 1 mensilità da ricercatore o peggio ancora 2 mensilità
> di borsa di dottorato!) degli autori che ne fanno parte e che i
> finanziamenti pubblici alla ricerca (a cominciare dai programmi europei)
> includano a monte tale copertura e quindi l'obbligo di pubblicare i
> risultati ottenuti in modalità open. Ma questo è semplicemente buon senso,
> anzi direi il minimo sindacale (insieme alla volontà di farla finalmente
> finita con le riviste "ibride"), che non tocca assolutamente il vero
> problema: cioè che fondi pubblici continuerebbero a finanziare editori
> privati, attraverso gli autori anziché gli abbonamenti.
>
> Il fatto che ciò lo si potrebbe fare "con le stesse risorse" è
> significativo: si sta dicendo ai grandi editori che non hanno nulla da
> temere quanto a margine di guadagno, che anzi il sistema risulterebbe così
> "ottimizzato" sul versante del finanziamento alla ricerca (e quindi alla
> pubblicazione dei suoi risultati, con un rapporto biunivoco stretto tra
> ricerca finanziata e ricerca pubblicata!), mentre gli editori
> continuerebbero ad avere i loro profitti (sui metadati prima ancora che
> sulle APC), nonché manterrebbero intatto il ruolo da protagonisti e
> decision-makers nel mondo accademico che si sono conquistati negli ultimi
> 50 anni!
>
> La domanda sorge spontanea: e la ricerca che NON viene finanziata, neppure
> con fondi pubblici (qualunque sia il motivo per cui ciò non avviene)?! E
> la
> libera ricerca/produzione scientifica individuale (specie in ambito
> umanistico)?! Quale ricercatore (benché di solito "strutturato" al di là
> delle Alpi) sarebbe disposto a pagare 2000 euro di APC per ciascun
> articolo
> che intende pubblicare solo perché ha o ritiene di avere contributi da
> dare
> alla sua comunità di riferimento, indipendentemente da grandi progetti o
> gruppi di ricerca nazionali o internazionali?! Il messaggio dunque è che
> non si potrà/dovrà più fare ricerca se non si afferisce ad un'istituzione
> e/o non si è membri di un gruppo di ricerca che lavora all'interno di un
> progetto?
>
> Si potrebbe obiettare che una volta che il Gold OA sarà lo standard della
> pubblicazione scientifica le APC per ragioni di mercato inevitabilmente
> scenderanno. Sappiamo che è un argomento fallace: nessuno può davvero
> prevedere quale sarà nel futuro mercato editoriale il "giusto prezzo" per
> pubblicare un articolo in forma Gold OA, soprattutto per quanto riguarda
> le
> riviste più quotate su cui tutti aspirano a pubblicare!
>
> Se ragioniamo esclusivamente in termini di Gold OA l'unica alternativa
> sarebbero le riviste OA che NON chiedono APC, ma sappiamo che di norma
> queste riviste sono piccole, semi-artigianali, oppure sono prodotte
> in-house e vivono solo del sostegno finanziario delle proprie host
> institutions, raramente hanno un ranking abbastanza elevato da metterle
> seriamente in competizione con le riviste dei grandi editori accademici,
> nonostante possano essere di qualità scientifica assai elevata. In ambito
> umanistico, specie nei settori più di nicchia, possono anche essere una
> soluzione accettabile, ma più in generale non possiamo chiedere
> ai ricercatori di boicottare intenzionalmente le grandi riviste, finché
> pubblicare su riviste di ranking elevato (che guarda caso sono proprio i
> core journals dei grandi editori) sarà - in termini attuali di valutazione
> della "qualità" della ricerca - la misura della loro
> "spendibilità/finanziabilità" e quindi delle loro opportunità di carriera!
>
> Stando così le cose, un giovane ricercatore (magari "non-strutturato" e
> pure umanista) potrebbe pensare: tutto sommato, egoisticamente parlando,
> mi
> conviene difendere il sistema tradizionale degli abbonamenti! Almeno così
> anche io posso fare questo lavoro e sperare di vedere pubblicati i
> miei studi su una rivista specialistica internazionale ad alto ranking, al
> pari di un mio affermato collega che afferisce ad una prestigiosa
> istituzione e non ha problemi di risorse finanziarie! Ci pensino gli
> Atenei
> e gli Enti di ricerca ad investire risorse adeguate negli abbonamenti per
> permettere a tutti noi di pubblicare ed essere letti, mica possiamo
> chiedere aiuto ad una Fondazione o fare un'application per un
> finanziamento
> ogni volta che abbiamo un articolo da sottoporre ad una rivista!
>
> Qualcuno dei partecipanti al meeting berlinese potrebbe rispondere: non
> abbiamo trattato in modo specifico del Green OA solo perché ad essere
> oggetto di discussione era l'editoria accademica tradizionale, va da sé
> che
> ci sono sempre i repositories istituzionali in cui pubblicare e
> condividere gratuitamente in propri lavori, visto che non sono meno
> rigorosi dei core journals sul controllo scientifico dei contenuti! Sì,
> peccato che però al momento non se li fili quasi nessuno tra gli autori
> che
> aspirano a fare carriera accademica (al momento rappresentano semmai una
> valida alternativa per i lettori non abbonati alle riviste), visto che si
> viene valutati positivamente nella misura in cui NON si pubblica in
> repositories! A meno di non avere preoccupazioni di carattere
> economico-professionale e di volersi dedicare in modo del tutto
> filantropico e disinteressato alla crescita e condivisione del
> sapere...nobilissimo, ma purtroppo un lusso nella società in cui viviamo!
>
> In definitiva condivido la conclusione a cui giunge l'articolo di ROARS:
> non sarà che il problema principale (anche per la Max-Planck-Gesellschaft)
> sta proprio nel voler continuare a ragionare in termini di riviste
> scientifiche così come le abbiamo sempre conosciute? Nell'era di Internet
> cosa vieta di identificare nello stesso "oggetto" (qualcuno direbbe nella
> stessa "ontologia" web) una rivista settoriale online tradizionalmente
> intesa e un repository istituzionale Green OA dedicato, magari con lo
> stesso nome ("Archive of/for" invece di "Journal of/for") e magari
> cronologicamente/tematicamente strutturato per issues/aree di
> pubblicazione
> analogamente a quanto avviene per un blog? Un articolo resterebbe sempre
> un
> articolo, avrebbe il vantaggio dell'ipertestualità, potrebbe ricevere
> recensioni e commenti in tempo reale da parte dell'intera comunità
> scientifica di riferimento una volta pubblicato, i referees scelti dagli
> editors-amministratori potrebbero molto più agevolmente passare dal peer
> review al peer-to-peer review (blind peer review classica + discussione
> tra
> i referees e con l'editor sui rispettivi giudizi). Senza contare che gli
> autori non dovrebbero pagare nulla per pubblicare (né i lettori per
> leggere), conserverebbero sempre i diritti sul proprio lavoro, senza avere
> bisogno di alcun embargo, fatto salvo l'obbligo di sottoporre articoli
> originali che non siano già apparsi altrove (e l'eventuale ritiro
> dell'articolo in caso di violazioni).
>
> Il fatto è che tutto questo metterebbe seriamente in discussione e in
> pericolo il ruolo degli editori accademici commerciali, perché a quel
> punto le principali istituzioni di ricerca potrebbero anche pensare:
> perché "appaltare" ad editori privati la realizzazione e gestione di un
> archive quando possiamo farlo in-house (latu sensu, magari costruendo
> network scientifici con altre istituzioni) e impiegare le nostre risorse
> per farlo funzionare al meglio, pagando i nostri editors-amministratori
> e magari scegliendoli tutti tra docenti e ricercatori? I grandi publishers
> rischierebbero seriamente di ritrovarsi declassati a consulenti/provider
> di
> servizi editoriali, pagati ad esempio per fornire supporto e assistenza
> tecnica per la realizzazione, il mantenimento e la gestione delle
> infrastrutture digitali necessarie...temo sia questa la vera minaccia per
> loro, senza abbonamenti tradizionali né Gold OA (per quanto "Fair" lo si
> possa ripensare). Delicato il discorso sui metadati e sul TDM, difficile
> immaginare che gli autori possano avere diritti anche sui metadati,
> chiunque ne sia il proprietario (le istituzioni che gestiscono un archive
> o
> il publisher che lo gestisce per loro conto), al massimo possono avere
> garanzie sul loro utilizzo.
>
> Stefano Salvia
> Università di Pisa
>
>
> Il giorno 12 gennaio 2016 12:00, <oa-italia-request a openarchives.it> ha
> scritto:
>
>> Invia le richieste di iscrizione alla lista OA-Italia all'indirizzo
>>         oa-italia a openarchives.it
>>
>> Per iscriverti o cancellarti attraverso il web, visita
>>         http://openarchives.it/mailman/listinfo/oa-italia
>> oppure, via email, manda un messaggio con oggetto `help' all'indirizzo
>>         oa-italia-request a openarchives.it
>>
>> Puoi contattare la persona che gestisce la lista all'indirizzo
>>         oa-italia-owner a openarchives.it
>>
>> Se rispondi a questo messaggio, per favore edita la linea dell'oggetto
>> in modo che sia più utile di un semplice "Re: Contenuti del digest
>> della lista OA-Italia..."
>>
>>
>> Argomenti del Giorno:
>>
>>    1. Re: Riflessioni sulla proposta della Max Planck Digital
>>       Library a cura di P. Galimberti su ROARS
>> (monica.marra a oabo.inaf.it)
>>
>>
>> ----------------------------------------------------------------------
>>
>> Message: 1
>> Date: Mon, 11 Jan 2016 15:11:37 +0100
>> From: monica.marra a oabo.inaf.it
>> Subject: Re: [Oa-italia] Riflessioni sulla proposta della Max Planck
>>         Digital Library a cura di P. Galimberti su ROARS
>> To: "Lista di discussione su temi relativi all'accesso aperto"
>>         <oa-italia a openarchives.it>
>> Message-ID:
>>         <c4c59681792dd33d2d465bd04c767ebe.squirrel a mail.oabo.inaf.it>
>> Content-Type: text/plain;charset=utf-8
>>
>>
>>
>> Per quanto ho capito della questione, sottoscrivo la domanda posta dalla
>> dottoressa Castelli:
>>
>> che c'entra l'open in tutto questo?
>>
>> Si deve constatare che il de profundis sulla via verde e' gia' stato
>> cantato e non se n'e' accorto nessuno?
>>
>> Che poi una chiave di lettura della questione sia stata spostata al
>> livello della valutazione e' evidente, ma non mi pare esista consenso
>> sufficiente per tarare le soluzioni sullo stato attuale delle regole
>> valutative.
>>
>> L'impressione e' che - fatta salva la buona fede dei singoli - le
>> logiche
>> possano essere anche altre da quelle tecnico-scientifiche. Eventuali
>> smentite, benvenute.
>>
>> Saluti,
>>
>> Monica Marra
>>
>>
>>
>>
>>
>> Il Ven, 8 Gennaio 2016 13:31, Livia Castelli ha scritto:
>> > Lascia veramente perplessi, per usare un eufemismo che si possa
>> definire
>> > "open" una simile scelta.
>> >
>> > Le osservazioni a caldo sono molto banali e sicuramente le avranno già
>> > fatte tutti, soprattutto coloro che seguono l'open access attivamente.
>> >
>> > Dire che si cambia tutto per non cambiare niente è ancora ottimistico.
>> Si
>> > instaura sempre più un meccanismo per cui produrranno maggiormente le
>> > istituzioni e le discipline più ricche e forti e si concentreranno
>> vieppiù
>> > gli editori.
>> >
>> > Inoltre per chi non è legato a un'istituzione che possa e soprattutto
>> > voglia sostenere i suoi personali costi sarà di fatto impossibile
>> > pubblicare alcunché. Certo per alcune discipline è già così. Ma per le
>> > altre, umanistiche in primis? Avete presente il precariato della
>> ricerca
>> > italiano e internazionale? (Sì, sono in conflitto di interessi... ma
>> non
>> è
>> > una buona ragione per tacere e sarebbe una pessima tacerlo).
>> > Incidentalmente, se qui in Italia pubblichi solo quando e se il
>> magister
>> > lo
>> > consente, tranne situazioni che non fanno statistica, all'estero no.
>> >
>> > L'impressione è che si voglia in realtà controllare non tanto
>> l'accesso e
>> > la circolazione, ma la produzione stessa di scienza e conoscenza,
>> > tarandola
>> > oltretutto sempre più sulle pratiche di una parte di essa. (Se posso
>> > almeno
>> > farmi pubblicare e qualcuno sottoscriverà comunque un abbonamento,
>> > resterò/la disciplina resterà/il soggetto resterà comunque visibile.
>> Se
>> > invece devo pagare tutto il costo della rivista per pubblicare, guerra
>> > ancora più feroce per le risorse per farlo. E inoltre gli editori
>> saranno
>> > liberati da seccature di così cattivo gusto tipo academia ecc., tanto
>> > lavorano su commissione. Alla fin fine sono forse quelle che gli danno
>> > fastidio. Come per le fotocopie o il prestito: facciamo pagare una
>> tassa
>> > all'origine.)  E poi open vuol dire veramente che "I fondi ci sono già
>> a
>> > bilancio (...) si tratta di trasformare la maniera in cui arrivano
>> agli
>> > editori"? Tutto qui????
>> >
>> > Ma che c'entra l'open in tutto questo?
>> >
>> > Gli editori si devono forse confrontare con i tagli degli abbonamenti
>> cui
>> > la gestione della crisi economica, volta a contenere unicamente la
>> spesa,
>> > pubblica e privata, ha costretto le istituzioni che una volta
>> mungevano
>> > così bene. Questa sembra esattamente la reazione di chi vuole
>> assicurare
>> i
>> > propri profitti indipendentemente dalle cause che ne hanno provocato
>> la
>> > contrazione. Tanto più che la diffusione attraverso i canali tipo
>> academia
>> > o altri informali è oggi estremamente facile quanto incontrollabile.
>> > Siccome non siamo più ingenui, travestiamo questa pura mossa
>> commerciale
>> > con le parole politically correct alla moda, tipo appunto, "open".
>> Vuoi
>> > non
>> > essere "open"? BruttocattivostatalistaliberistaXfobo(a scelta)...
>> >
>> > Il tutto proposto con il ben noto metodo scientifico del "è così",
>> quindi
>> > "fate presto!!!" Non male.
>> > Ci vogliamo mettere anche Ms TINA, già che ci siamo?
>> > Un vero successo.
>> > Se proprio si deve prendere tale proposta in considerazione?
>> >
>> > Saluti,
>> > LC
>> >
>> >
>> >
>> >
>> > 2016-01-08 11:52 GMT+01:00 Paola Gargiulo <p.gargiulo a cineca.it>:
>> >
>> >> E' appena uscito un interessante intervento di Paola Galimberti
>> >> pubblicato su *Roars* ? dal titolo "La rivoluzione è alle porte
>> grandi
>> >> manovre in corso su editoria scientifica e Open Access" dedicato alla
>> >> proposta della Max Planck Digital Library,
>> >>
>> >>
>> http://www.roars.it/online/la-rivoluzione-alle-porte-grandi-manovre-in-corso-su-editoria-scientifica-e-open-access/
>> >>
>> >> di cui suggeriamo la lettura. La notizia è riportata su AISA  con un
>> >> commento di Maria Chiara Pievatolo che  riporto
>> >>
>> >>
>> http://bfp.sp.unipi.it/aisa/la-rivoluzione-alle-porte-la-proposta-della-max-planck-gesellschaft/
>> >>
>> >> << È vitale che il nostro paese partecipi alla discussione, sia
>> perché
>> >> occorre valutare quanto il progetto sia sostenibile per le finanze
>> >> dell?università italiana, sia ? e soprattutto ? perché una delle
>> >> concause
>> >> dell?aumento esorbitante dei costi degli abbonamenti noto ai
>> >> bibliotecari
>> >> come crisi dei prezzi dei periodici <http://btfp.sp.unipi.it/?p=77>
>> è
>> >> stata proprio la disattenzione
>> >> <http://bfp.sp.unipi.it/rete/oldenburg.htm#idp7641440> ? se non la
>> >> complicità
>> >> <
>> http://bfp.sp.unipi.it/aisa/cameron-neylon-le-responsabilita-dei-ricercatori/
>> >
>> >> ? dei ricercatori. Non possiamo rischiare che una crisi simile si
>> >> ripresenti nuovamente, ma dalla parte degli autori
>> >> <http://btfp.sp.unipi.it/?p=4417> ? cioè che si cambi tutto per non
>> >> cambiare niente, per quanto concerne la discriminazione economica
>> >> all?accesso alla discussione scientifica e la proprietà dei metadati
>> >> sulla
>> >> base dei quali viene valutata la nostra ricerca.  Anche per questo l?
>> >> articolo
>> >> <
>> http://www.roars.it/online/la-rivoluzione-alle-porte-grandi-manovre-in-corso-su-editoria-scientifica-e-open-access/
>> >
>> >> *di
>> >> Roars* merita di essere letto: le università potrebbero spendere
>> molto
>> >> meglio il denaro che versano agli editori commerciali, se il problema
>> >> della
>> >> pubblicità della scienza e dei suoi costi diventasse una questione
>> non
>> >> solo
>> >> amministrativa e bibliotecaria, ma in primo luogo di ricerca.
>> >> *>> *
>> >> Cordialmente
>> >> Paola
>> >> Il 15/12/2015 15:20, roberto delle donne ha scritto:
>> >>
>> >> Care/i Colleghe/i,
>> >>
>> >> al Berlin 12 abbiamo partecipato Alberto Pozzolo (CRUI), Gabriella
>> >> Benedetti (CRUI), Ilaria Fava (CNR), Danila Baldessarri (Telethon) ed
>> io
>> >> (CRUI).
>> >> Ci ripromettiamo di inviarvi un resoconto più analitico appena la
>> >> Max-Planck-Gesellschaft pubblicherà lo statement "Expression of
>> >> Interest"
>> >> all´inizio di gennaio:
>> >> http://www.mpg.de/9789484/berlin12-open-access-2015
>> >> .
>> >> Sono stati due giorni di intense e vivaci discussioni a partire dal
>> >> White
>> >> Paper presentato da Ralf Schimmer, Kai Karin Geschuhn e Andreas
>> Vogler:
>> >>
>> http://pubman.mpdl.mpg.de/pubman/faces/viewItemOverviewPage.jsp?itemId=escidoc:2148961
>> >> Come sapete, il documento prospetta il passaggio da un sistema
>> economico
>> >> di pubblicazioni scientifiche per abbonamenti a un modello economico
>> >> interamente in Open Access.
>> >> La delegazione italiana ha contribuito alla discussione e alla
>> >> formulazione del documento "Expression of Interest", alla cui
>> redazione
>> >> la Max-Planck-Gesellschaft sta ancora lavorando.
>> >>
>> >> Un caro saluto a tutte/i,
>> >> Roberto Delle Donne
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Monica Marra
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