[Oa-italia] Digest di OA-Italia, Volume 112, Numero 3

Stefano Salvia s.salvia7 a gmail.com
Mar 12 Gen 2016 18:04:11 CET


Condivido in pieno le perplessità e preoccupazioni sopra esposte.

La proposta berlinese lascia irrisolte parecchie questioni, in particolare
non sembra considerare altra modalità di OA al di fuori del Gold puro e
semplice in mano agli editori commerciali tradizionali. Non si parla
di "Fair Gold" se non nella misura in cui si prevede che "a regola" siano
le istituzioni e/o i gruppi di ricerca a coprire le APC (che definire
"esose" è francamente eufemistico, visto che si parla in media di 2000 euro
ad articolo, ovvero 1 mensilità da ricercatore o peggio ancora 2 mensilità
di borsa di dottorato!) degli autori che ne fanno parte e che i
finanziamenti pubblici alla ricerca (a cominciare dai programmi europei)
includano a monte tale copertura e quindi l'obbligo di pubblicare i
risultati ottenuti in modalità open. Ma questo è semplicemente buon senso,
anzi direi il minimo sindacale (insieme alla volontà di farla finalmente
finita con le riviste "ibride"), che non tocca assolutamente il vero
problema: cioè che fondi pubblici continuerebbero a finanziare editori
privati, attraverso gli autori anziché gli abbonamenti.

Il fatto che ciò lo si potrebbe fare "con le stesse risorse" è
significativo: si sta dicendo ai grandi editori che non hanno nulla da
temere quanto a margine di guadagno, che anzi il sistema risulterebbe così
"ottimizzato" sul versante del finanziamento alla ricerca (e quindi alla
pubblicazione dei suoi risultati, con un rapporto biunivoco stretto tra
ricerca finanziata e ricerca pubblicata!), mentre gli editori
continuerebbero ad avere i loro profitti (sui metadati prima ancora che
sulle APC), nonché manterrebbero intatto il ruolo da protagonisti e
decision-makers nel mondo accademico che si sono conquistati negli ultimi
50 anni!

La domanda sorge spontanea: e la ricerca che NON viene finanziata, neppure
con fondi pubblici (qualunque sia il motivo per cui ciò non avviene)?! E la
libera ricerca/produzione scientifica individuale (specie in ambito
umanistico)?! Quale ricercatore (benché di solito "strutturato" al di là
delle Alpi) sarebbe disposto a pagare 2000 euro di APC per ciascun articolo
che intende pubblicare solo perché ha o ritiene di avere contributi da dare
alla sua comunità di riferimento, indipendentemente da grandi progetti o
gruppi di ricerca nazionali o internazionali?! Il messaggio dunque è che
non si potrà/dovrà più fare ricerca se non si afferisce ad un'istituzione
e/o non si è membri di un gruppo di ricerca che lavora all'interno di un
progetto?

Si potrebbe obiettare che una volta che il Gold OA sarà lo standard della
pubblicazione scientifica le APC per ragioni di mercato inevitabilmente
scenderanno. Sappiamo che è un argomento fallace: nessuno può davvero
prevedere quale sarà nel futuro mercato editoriale il "giusto prezzo" per
pubblicare un articolo in forma Gold OA, soprattutto per quanto riguarda le
riviste più quotate su cui tutti aspirano a pubblicare!

Se ragioniamo esclusivamente in termini di Gold OA l'unica alternativa
sarebbero le riviste OA che NON chiedono APC, ma sappiamo che di norma
queste riviste sono piccole, semi-artigianali, oppure sono prodotte
in-house e vivono solo del sostegno finanziario delle proprie host
institutions, raramente hanno un ranking abbastanza elevato da metterle
seriamente in competizione con le riviste dei grandi editori accademici,
nonostante possano essere di qualità scientifica assai elevata. In ambito
umanistico, specie nei settori più di nicchia, possono anche essere una
soluzione accettabile, ma più in generale non possiamo chiedere
ai ricercatori di boicottare intenzionalmente le grandi riviste, finché
pubblicare su riviste di ranking elevato (che guarda caso sono proprio i
core journals dei grandi editori) sarà - in termini attuali di valutazione
della "qualità" della ricerca - la misura della loro
"spendibilità/finanziabilità" e quindi delle loro opportunità di carriera!

Stando così le cose, un giovane ricercatore (magari "non-strutturato" e
pure umanista) potrebbe pensare: tutto sommato, egoisticamente parlando, mi
conviene difendere il sistema tradizionale degli abbonamenti! Almeno così
anche io posso fare questo lavoro e sperare di vedere pubblicati i
miei studi su una rivista specialistica internazionale ad alto ranking, al
pari di un mio affermato collega che afferisce ad una prestigiosa
istituzione e non ha problemi di risorse finanziarie! Ci pensino gli Atenei
e gli Enti di ricerca ad investire risorse adeguate negli abbonamenti per
permettere a tutti noi di pubblicare ed essere letti, mica possiamo
chiedere aiuto ad una Fondazione o fare un'application per un finanziamento
ogni volta che abbiamo un articolo da sottoporre ad una rivista!

Qualcuno dei partecipanti al meeting berlinese potrebbe rispondere: non
abbiamo trattato in modo specifico del Green OA solo perché ad essere
oggetto di discussione era l'editoria accademica tradizionale, va da sé che
ci sono sempre i repositories istituzionali in cui pubblicare e
condividere gratuitamente in propri lavori, visto che non sono meno
rigorosi dei core journals sul controllo scientifico dei contenuti! Sì,
peccato che però al momento non se li fili quasi nessuno tra gli autori che
aspirano a fare carriera accademica (al momento rappresentano semmai una
valida alternativa per i lettori non abbonati alle riviste), visto che si
viene valutati positivamente nella misura in cui NON si pubblica in
repositories! A meno di non avere preoccupazioni di carattere
economico-professionale e di volersi dedicare in modo del tutto
filantropico e disinteressato alla crescita e condivisione del
sapere...nobilissimo, ma purtroppo un lusso nella società in cui viviamo!

In definitiva condivido la conclusione a cui giunge l'articolo di ROARS:
non sarà che il problema principale (anche per la Max-Planck-Gesellschaft)
sta proprio nel voler continuare a ragionare in termini di riviste
scientifiche così come le abbiamo sempre conosciute? Nell'era di Internet
cosa vieta di identificare nello stesso "oggetto" (qualcuno direbbe nella
stessa "ontologia" web) una rivista settoriale online tradizionalmente
intesa e un repository istituzionale Green OA dedicato, magari con lo
stesso nome ("Archive of/for" invece di "Journal of/for") e magari
cronologicamente/tematicamente strutturato per issues/aree di pubblicazione
analogamente a quanto avviene per un blog? Un articolo resterebbe sempre un
articolo, avrebbe il vantaggio dell'ipertestualità, potrebbe ricevere
recensioni e commenti in tempo reale da parte dell'intera comunità
scientifica di riferimento una volta pubblicato, i referees scelti dagli
editors-amministratori potrebbero molto più agevolmente passare dal peer
review al peer-to-peer review (blind peer review classica + discussione tra
i referees e con l'editor sui rispettivi giudizi). Senza contare che gli
autori non dovrebbero pagare nulla per pubblicare (né i lettori per
leggere), conserverebbero sempre i diritti sul proprio lavoro, senza avere
bisogno di alcun embargo, fatto salvo l'obbligo di sottoporre articoli
originali che non siano già apparsi altrove (e l'eventuale ritiro
dell'articolo in caso di violazioni).

Il fatto è che tutto questo metterebbe seriamente in discussione e in
pericolo il ruolo degli editori accademici commerciali, perché a quel
punto le principali istituzioni di ricerca potrebbero anche pensare:
perché "appaltare" ad editori privati la realizzazione e gestione di un
archive quando possiamo farlo in-house (latu sensu, magari costruendo
network scientifici con altre istituzioni) e impiegare le nostre risorse
per farlo funzionare al meglio, pagando i nostri editors-amministratori
e magari scegliendoli tutti tra docenti e ricercatori? I grandi publishers
rischierebbero seriamente di ritrovarsi declassati a consulenti/provider di
servizi editoriali, pagati ad esempio per fornire supporto e assistenza
tecnica per la realizzazione, il mantenimento e la gestione delle
infrastrutture digitali necessarie...temo sia questa la vera minaccia per
loro, senza abbonamenti tradizionali né Gold OA (per quanto "Fair" lo si
possa ripensare). Delicato il discorso sui metadati e sul TDM, difficile
immaginare che gli autori possano avere diritti anche sui metadati,
chiunque ne sia il proprietario (le istituzioni che gestiscono un archive o
il publisher che lo gestisce per loro conto), al massimo possono avere
garanzie sul loro utilizzo.

Stefano Salvia
Università di Pisa


Il giorno 12 gennaio 2016 12:00, <oa-italia-request a openarchives.it> ha
scritto:

> Invia le richieste di iscrizione alla lista OA-Italia all'indirizzo
>         oa-italia a openarchives.it
>
> Per iscriverti o cancellarti attraverso il web, visita
>         http://openarchives.it/mailman/listinfo/oa-italia
> oppure, via email, manda un messaggio con oggetto `help' all'indirizzo
>         oa-italia-request a openarchives.it
>
> Puoi contattare la persona che gestisce la lista all'indirizzo
>         oa-italia-owner a openarchives.it
>
> Se rispondi a questo messaggio, per favore edita la linea dell'oggetto
> in modo che sia più utile di un semplice "Re: Contenuti del digest
> della lista OA-Italia..."
>
>
> Argomenti del Giorno:
>
>    1. Re: Riflessioni sulla proposta della Max Planck Digital
>       Library a cura di P. Galimberti su ROARS (monica.marra a oabo.inaf.it)
>
>
> ----------------------------------------------------------------------
>
> Message: 1
> Date: Mon, 11 Jan 2016 15:11:37 +0100
> From: monica.marra a oabo.inaf.it
> Subject: Re: [Oa-italia] Riflessioni sulla proposta della Max Planck
>         Digital Library a cura di P. Galimberti su ROARS
> To: "Lista di discussione su temi relativi all'accesso aperto"
>         <oa-italia a openarchives.it>
> Message-ID:
>         <c4c59681792dd33d2d465bd04c767ebe.squirrel a mail.oabo.inaf.it>
> Content-Type: text/plain;charset=utf-8
>
>
>
> Per quanto ho capito della questione, sottoscrivo la domanda posta dalla
> dottoressa Castelli:
>
> che c'entra l'open in tutto questo?
>
> Si deve constatare che il de profundis sulla via verde e' gia' stato
> cantato e non se n'e' accorto nessuno?
>
> Che poi una chiave di lettura della questione sia stata spostata al
> livello della valutazione e' evidente, ma non mi pare esista consenso
> sufficiente per tarare le soluzioni sullo stato attuale delle regole
> valutative.
>
> L'impressione e' che - fatta salva la buona fede dei singoli - le logiche
> possano essere anche altre da quelle tecnico-scientifiche. Eventuali
> smentite, benvenute.
>
> Saluti,
>
> Monica Marra
>
>
>
>
>
> Il Ven, 8 Gennaio 2016 13:31, Livia Castelli ha scritto:
> > Lascia veramente perplessi, per usare un eufemismo che si possa definire
> > "open" una simile scelta.
> >
> > Le osservazioni a caldo sono molto banali e sicuramente le avranno già
> > fatte tutti, soprattutto coloro che seguono l'open access attivamente.
> >
> > Dire che si cambia tutto per non cambiare niente è ancora ottimistico. Si
> > instaura sempre più un meccanismo per cui produrranno maggiormente le
> > istituzioni e le discipline più ricche e forti e si concentreranno
> vieppiù
> > gli editori.
> >
> > Inoltre per chi non è legato a un'istituzione che possa e soprattutto
> > voglia sostenere i suoi personali costi sarà di fatto impossibile
> > pubblicare alcunché. Certo per alcune discipline è già così. Ma per le
> > altre, umanistiche in primis? Avete presente il precariato della ricerca
> > italiano e internazionale? (Sì, sono in conflitto di interessi... ma non
> è
> > una buona ragione per tacere e sarebbe una pessima tacerlo).
> > Incidentalmente, se qui in Italia pubblichi solo quando e se il magister
> > lo
> > consente, tranne situazioni che non fanno statistica, all'estero no.
> >
> > L'impressione è che si voglia in realtà controllare non tanto l'accesso e
> > la circolazione, ma la produzione stessa di scienza e conoscenza,
> > tarandola
> > oltretutto sempre più sulle pratiche di una parte di essa. (Se posso
> > almeno
> > farmi pubblicare e qualcuno sottoscriverà comunque un abbonamento,
> > resterò/la disciplina resterà/il soggetto resterà comunque visibile. Se
> > invece devo pagare tutto il costo della rivista per pubblicare, guerra
> > ancora più feroce per le risorse per farlo. E inoltre gli editori saranno
> > liberati da seccature di così cattivo gusto tipo academia ecc., tanto
> > lavorano su commissione. Alla fin fine sono forse quelle che gli danno
> > fastidio. Come per le fotocopie o il prestito: facciamo pagare una tassa
> > all'origine.)  E poi open vuol dire veramente che "I fondi ci sono già a
> > bilancio (...) si tratta di trasformare la maniera in cui arrivano agli
> > editori"? Tutto qui????
> >
> > Ma che c'entra l'open in tutto questo?
> >
> > Gli editori si devono forse confrontare con i tagli degli abbonamenti cui
> > la gestione della crisi economica, volta a contenere unicamente la spesa,
> > pubblica e privata, ha costretto le istituzioni che una volta mungevano
> > così bene. Questa sembra esattamente la reazione di chi vuole assicurare
> i
> > propri profitti indipendentemente dalle cause che ne hanno provocato la
> > contrazione. Tanto più che la diffusione attraverso i canali tipo
> academia
> > o altri informali è oggi estremamente facile quanto incontrollabile.
> > Siccome non siamo più ingenui, travestiamo questa pura mossa commerciale
> > con le parole politically correct alla moda, tipo appunto, "open". Vuoi
> > non
> > essere "open"? BruttocattivostatalistaliberistaXfobo(a scelta)...
> >
> > Il tutto proposto con il ben noto metodo scientifico del "è così", quindi
> > "fate presto!!!" Non male.
> > Ci vogliamo mettere anche Ms TINA, già che ci siamo?
> > Un vero successo.
> > Se proprio si deve prendere tale proposta in considerazione?
> >
> > Saluti,
> > LC
> >
> >
> >
> >
> > 2016-01-08 11:52 GMT+01:00 Paola Gargiulo <p.gargiulo a cineca.it>:
> >
> >> E' appena uscito un interessante intervento di Paola Galimberti
> >> pubblicato su *Roars* ? dal titolo "La rivoluzione è alle porte grandi
> >> manovre in corso su editoria scientifica e Open Access" dedicato alla
> >> proposta della Max Planck Digital Library,
> >>
> >>
> http://www.roars.it/online/la-rivoluzione-alle-porte-grandi-manovre-in-corso-su-editoria-scientifica-e-open-access/
> >>
> >> di cui suggeriamo la lettura. La notizia è riportata su AISA  con un
> >> commento di Maria Chiara Pievatolo che  riporto
> >>
> >>
> http://bfp.sp.unipi.it/aisa/la-rivoluzione-alle-porte-la-proposta-della-max-planck-gesellschaft/
> >>
> >> << È vitale che il nostro paese partecipi alla discussione, sia perché
> >> occorre valutare quanto il progetto sia sostenibile per le finanze
> >> dell?università italiana, sia ? e soprattutto ? perché una delle
> >> concause
> >> dell?aumento esorbitante dei costi degli abbonamenti noto ai
> >> bibliotecari
> >> come crisi dei prezzi dei periodici <http://btfp.sp.unipi.it/?p=77>  è
> >> stata proprio la disattenzione
> >> <http://bfp.sp.unipi.it/rete/oldenburg.htm#idp7641440> ? se non la
> >> complicità
> >> <
> http://bfp.sp.unipi.it/aisa/cameron-neylon-le-responsabilita-dei-ricercatori/
> >
> >> ? dei ricercatori. Non possiamo rischiare che una crisi simile si
> >> ripresenti nuovamente, ma dalla parte degli autori
> >> <http://btfp.sp.unipi.it/?p=4417> ? cioè che si cambi tutto per non
> >> cambiare niente, per quanto concerne la discriminazione economica
> >> all?accesso alla discussione scientifica e la proprietà dei metadati
> >> sulla
> >> base dei quali viene valutata la nostra ricerca.  Anche per questo l?
> >> articolo
> >> <
> http://www.roars.it/online/la-rivoluzione-alle-porte-grandi-manovre-in-corso-su-editoria-scientifica-e-open-access/
> >
> >> *di
> >> Roars* merita di essere letto: le università potrebbero spendere molto
> >> meglio il denaro che versano agli editori commerciali, se il problema
> >> della
> >> pubblicità della scienza e dei suoi costi diventasse una questione non
> >> solo
> >> amministrativa e bibliotecaria, ma in primo luogo di ricerca.
> >> *>> *
> >> Cordialmente
> >> Paola
> >> Il 15/12/2015 15:20, roberto delle donne ha scritto:
> >>
> >> Care/i Colleghe/i,
> >>
> >> al Berlin 12 abbiamo partecipato Alberto Pozzolo (CRUI), Gabriella
> >> Benedetti (CRUI), Ilaria Fava (CNR), Danila Baldessarri (Telethon) ed io
> >> (CRUI).
> >> Ci ripromettiamo di inviarvi un resoconto più analitico appena la
> >> Max-Planck-Gesellschaft pubblicherà lo statement "Expression of
> >> Interest"
> >> all´inizio di gennaio:
> >> http://www.mpg.de/9789484/berlin12-open-access-2015
> >> .
> >> Sono stati due giorni di intense e vivaci discussioni a partire dal
> >> White
> >> Paper presentato da Ralf Schimmer, Kai Karin Geschuhn e Andreas Vogler:
> >>
> http://pubman.mpdl.mpg.de/pubman/faces/viewItemOverviewPage.jsp?itemId=escidoc:2148961
> >> Come sapete, il documento prospetta il passaggio da un sistema economico
> >> di pubblicazioni scientifiche per abbonamenti a un modello economico
> >> interamente in Open Access.
> >> La delegazione italiana ha contribuito alla discussione e alla
> >> formulazione del documento "Expression of Interest", alla cui redazione
> >> la Max-Planck-Gesellschaft sta ancora lavorando.
> >>
> >> Un caro saluto a tutte/i,
> >> Roberto Delle Donne
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