[Oa-italia] Ombre (e poche luci) nelle riviste open access

Antonella De Robbio antonella.derobbio a unipd.it
Ven 11 Ott 2013 15:49:42 CEST


certamente Science non è una rivista di terz'ordine e l'articolo ad una
prima lettura superficiale appare interessante, in particolare la mappa
interattiva - allegata al lavoro di Science - che evidenzia la linea
internazionale dei pagamenti da un paese all'altro.
qui l'articolo (traduzione italiana dell'originale) su Le Scienze
http://www.lescienze.it/news/2013/10/04/news/riviste_open_access_mancato_peer_review-1835164/
ecco la mappa (cliccare di sotto per iniziare l'esplorazione)
http://scicomm.scimagdev.org/

Vero anche che non dobbiamo - come professionisti dell'informazione -
essere "ideologizzati" sull'Open Access e affini e confini ...  ma dobbiamo
scindere quello che è un diritto all'accesso all'informazione in ambito
accademico per il bene della scienza e del progresso scientifico e
tecnologico a vantaggio anche sociale, da quello che il business che
gravita attorno all'affare OA e che è costellato da modelli economici
editoriali alle volte innovativi/interessanti, altre volte che rasentano la
truffa.
L'OA in altri termini viene spesso strumentalizzato dall'editoria
predatoria, è da tempo che alcuni di noi stanno denunciando a gran voce
questo rischio.

Direi che ci sono due punti che vanno indagati meglio in questo studio

a) bisogna capire quale è il campione usato nell'indagine di Bohannon...
nel senso il paper scientifico è stato mandato a vere riviste OA o
piuttosto a riviste che sono falsiOA, perché vi sono molti editori che pur
di fare business si spacciano per OA i cosiddetti editori predatori.
Proprio in queste settimane i nostri laureandi/dottorandi sono tempestati
di mail da editori che operano ai limiti della legalità

Ancora mesi fa ho scritto alcuni articoli sull'argomento sulla rivista di
Ateneo Il Bo sulla materia

Vanity Press: Editoria a pagamento o nuovi modelli editoriali open access?

7 DICEMBRE 2012
http://www.unipd.it/ilbo/content/vanity-press-editoria-pagamento-o-nuovi-modelli-editoriali-open-access

Chi sorveglia gli editori predatori

20 FEBBRAIO 2013
http://www.unipd.it/ilbo/content/chi-sorveglia-gli-editori-predatorI<http://www.unipd.it/ilbo/content/chi-sorveglia-gli-editori-predatori>

b) succede spessissimo anche con le riviste tradizionali con un buon IF...
c'è una sorta di Osservatorio Internazionale il Retraction Watch (citato da
Giglia)
http://retractionwatch.wordpress.com/
a quanto pare i casi di withdraw o retraction sono numerosi anche per
articoli pubblicati su riviste prestigiose e che hanno tanto di comitati
editoriali.
"A study published in the Journal of Medical Ethics found 788 retractions
from 2000 to 2010."
un tasso in crescita anno dopo anno, ovviamente perché aumenta il numero di
lavori pubblicati per il noto fenomeno publish or perish.
Ma la ritrattazione di un articolo - aspetto un po' diverso rispetto
all'indagine di cui stiamo parlando ma strettamente correlato - può essere
dovuto a vari motivi
"Error is more common than fraud; 73.5% of papers were retracted for error
(or an undisclosed reason) whereas 26.6% of papers were retracted for fraud
(table 1). The single most common reason for retraction was a
scientificmistake,
identified in 234 papers (31.5%). Fabrication, which includes data
plagiarism, was more common than text plagiarism. Multiple reasons for
retraction were cited for 67 papers (9.0%), but 134 papers (18.1%) were
retracted for ambiguous reasons"

Quindi dovremmo valutare meglio questa indagine di Bohannon. Non
sottovalutarla, ma appunto prendere l'occasione per mettere in rilievo il
nocciolo della questione che è sempre quello.

Considerazione: il paper inviato che tipo di "errori" o "falsità"
contenevano?
Non è passato tanto tempo da quando uno studio mise in evidenza come
articoli pubblicati in prestigiose riviste non OA avevano a corredo tabelle
statistiche completamente sbagliate perché nessuno dei revisori (nei
comitati di peer-review) era in grado di analizzare dati statistici...
In altri termini se un articolo sbagliato o plagiato o fraudolento è messo
in OA è facilissimo smascherare l'inganno. Se l'articolo è "povero di
contenuto" una pochezza da un punto di vista scientifico e viene pubblicato
perché tanto basta pagare... beh... spesso questo avviene anche con editori
tradizionali, in particolare con le monografie, rigorosamente chiuse.
Uno studio su PloS del 2005 metteva in risalto il problema degli errori
negli articoli scientifici pubblicati
http://www.plosmedicine.org/article/info:doi/10.1371/journal.pmed.0020124

Io non sono ideologizzata, o non mi sento tale, se in effetti questi dati
sono corretti - da un punto di vista metodologico - allora c'è da correre
ai ripari... del resto ogni via maestra per essere percorsa va prima
costruita.

Ma leggiamo anche le critiche a questa indagine, sottoscritte da scienziati
autorevoli

su The Chronicle HE un bel commento critico

http://chronicle.com/blogs/percolator/critics-say-sting-on-open-access-journals-misses-larger-point/33559

quì un articolo di By Michael Eisen<http://www.michaeleisen.org/blog/?author=1>
http://www.michaeleisen.org/blog/?p=1439

ciao a tutti
Antonella De Robbio



Il giorno 09 ottobre 2013 17:48, Alessandra Ensoli <
alessandra.ensoli a isprambiente.it> ha scritto:

> Desidero segnalare alla lista un recente articolo uscito su la Repubblica:
> “Scienza web, c'è una fabbrica delle "bufale" a pagamento”:****
>
>
> http://www.repubblica.it/scienze/2013/10/05/news/bufale_scienza_riviste-67891756/
> ****
>
> ** **
>
> Questo articolo rimanda a un’inchiesta pubblicata su Science da John
> Bohannon (Who's Afraid of Peer Review?), il quale ha realizzato il
> curioso esperimento di inviare un articolo volutamente insignificante e
> colmo di errori a ben 304 riviste online, per trarre conclusioni sulla
> attendibilità del processo di peer review (quando esistente) e comunque
> sul controllo di qualità effettuato dalle riviste ad accesso aperto.****
>
> ** **
>
> Potrete leggere l’intero studio sul sito di Science Magazine:****
>
> http://www.sciencemag.org/content/342/6154/60.full****
>
> ****
>
> La notizia mi è stata segnala con una certa apprensione da un collega
> ricercatore (che ha collaborato con me alla creazione di un archivio
> digitale ad uso interno), preoccupato dalla validità scientifica degli
> archivi aperti e dalla mancanza di "publication ethics"…****
>
> Che dire…?****
>
> ** **
>
> Cordiali saluti!****
>
> ** **
>
> ** **
>
> *Alessandra Ensoli*
>
> ISPRA. Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale****
>
> Via Vitaliano Brancati, 48 - Roma 00144 (IT)****
>
> ( 06 5007 2236****
>
> * alessandra.ensoli a isprambiente.it****
>
> ** **
>
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