[Oa-italia] Su IR e peer-review
Maria Cassella
maria.cassella a unito.it
Lun 2 Apr 2007 13:16:43 CEST
Ezio Tarantino ha scritto:
> Caro Vitiello,
> più che il modello ArXive (repository disciplinare) quello che si
> vorrebbe affermare mi sembra piuttosto il modello-Harnad, per cosi'
> dire, cioè il repository istituzionale.
> Non so quanto i nostri ricercatori apprezzino l'uno piuttosto che
> l'altro. Penso che un fisico abituato ad ArXive non veda molto
> favorevolmente l'idea di depositare *anche* sull'IR, a meno che non
> sia *obbligatorio* (come appunto vorrebbe la filosofia-Harnad).
> Quanto a cosa finisce nell'IR: intanto per sua natura l'IR è
> alimentato in modo spontaneo (autoarchiviazione), e qui alla Sapienza
> è così che faremo (parlo al futuro perché l'archivio già c'è ma è come
> non ci fosse - per vari motivi. Funzionante davvero è quello delle
> tesi di dottorato e anche quello è autoalimentato).
> Il problema del controllo di quello che vi viene inserito ovviamente
> c'è (o ci sarà), ma per ora il problema è quello opposto: che cioè i
> ricercatori comincino a depositare qualcosa!
> Ezio
>
>>
>>
Caro Ezio, da persona competente quale sei hai dato una risposta
corretta. Tuttavia sulla possibilita' di effettuare un controllo del
materiale che viene inserito in un IR ho qualche dubbio. Prima di tutto
c'e' un problema tecnico. E-prints non e' stato certo concepito per il
peer-review. D-Space prevede nel suo workflow anche una fase di
controllo, ma.... Il punto focale e': siamo sicuri che i ns docenti
accettino qualche forma di controllo sui documenti che archiviano ( se
li archiviano) che non sia quello sui metadati inseriti e la descrizione
data? Ammesso che alcuni docenti si accolllino l'onere di far parte di
un comitato di pari, come sarebbe accettata questa decisione da parte di
chi vuole autoarchiviare? Non dimetichiamoci poi che in alcune
discipline non esiste neanche il peer-review. Insomma in teoria tutto si
puo' fare (anche se i limiti tecnici ci sono). In pratica le cose poi
vanno diversamente. In fondo, se vogliamo, il controllo di cio' che
viene inserito e' in buona prate implicito: lo fa l'autore che archivia
( se ho scritto qualcosa di poco valido non lo ammettero' mai, ma certo
lo metto OA) e gli utenti che leggono. Oppure lo si fa con delle
politiche, linee guida, o come volete chiamarle, di archiviazione che
devono essere definite prima ancora di installare un nuovo archivio.
Moltissimi archivi nascono senza che si sappia dove si vuole andare,
quali obiettivi perseguire, quali priorita' dare, a quali collezioni,
che servizi intendo offrire. Per carita' non voglio fare la critica o la
polemica, ma dall'esterno la mia impressione e' questa e sarei felice
che qualcuno qui mi smentisse. Magari a Roma Tre o a Sissa di Tieste le
cose sono diverse, ma cio' non toglie che il mondo dei depositi
istituzionali qualche problema lo debba affrontare e se possibile
risolvere. E poi perche' diamine in Italia non si fa mai riferimento a
delle Best Practices, perche' abbiamo tutti paura della valutazione o
dell'autovalutazione , se preferite?
Saluti a tutti oggi e' il mio giorno alla Longo, per carita', sono ben
diversa da lei ;-) e su questa lista non si fa polemica.
Maria Cassella
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Maria Cassella
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